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Liutprand - Associazione Culturale

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Articoli

di Alberto Arecchi

LA BASILICA DI SAN MICHELE MAGGIORE A PAVIA

I bassorilievi simbolici, le Pleiadi, il Labirinto astrale

“L’Italia del Nord e l’Italia centrale erano attraversate dai cammini di San Michele, come la Francia lo era da quelli di San Giacomo: erano l’asse dell’iconografia e diffondevano sino a Modena il racconto figurato delle cavallerie di Artù... Nel mirabile sogno di pietra di San Michele di Pavia vivono, a uno stato puro e sovracuto, certe combinazioni ornamentali, una ricchezza di vitalità e una qualità enigmatica”.

(H. FOCILLON[1])

La Basilica di San Michele Maggiore è il più interessante monumento della Pavia medievale. Si hanno notizie della sua esistenza dopo la metà del sec. IX, ed essa fu sede dell’incoronazione di diversi re del Regno Italico.

I re longobardi non conoscevano una cerimonia di “incoronazione”, ma venivano nominati con l’acclamazione da parte dei guerrieri. Solo più tardi, nel periodo dei Franchi, invalse l’uso dell’incoronazione in chiesa. I re d’Italia, dall’epoca ottoniana sino a Federico Barbarossa, venivano incoronati o nel Duomo di Monza oppure qui a Pavia, ove la Basilica di San Michele era stata costruita espressamente per queste funzioni. Sappiamo che nella chiesa più antica ricevettero la corona Berengario I (888), Berengario II col figlio Adalberto (951), Arduino d’Ivrea (1002), Enrico II detto “Il Santo” (1004). L’attuale edificio fu ricostruito verso il 1130 e vide l’incoronazione a Re d’Italia di Federico Barbarossa, il 17 maggio 1155.

Non è facile collocare le diverse parti della cerimonia nelle esatte posizioni della Basilica di San Michele a ciò destinate, ma dobbiamo ritenere che i luoghi principali destinati alle incoronazioni fossero tre: la zona absidale, presso l’altare, il ricco trono decorato che si trova nella testata sud del transetto e la posizione al centro della navata maggiore, tuttora segnata da quattro pietre nere, nella quale veniva posto il trono.

Come una grande macchina scenografica, la Basilica di San Michele era progettata per accogliere, anche con effetti di luce ade­guati, il complesso rituale delle incoronazioni. Nella Basilica pavese di San Michele si ritrovano due fondamentali simbolismi cosmici: quello connesso alla sacralità del regno e all’investitura sacra del potere politico (dato che la chiesa fu fondata come cappella per le incoronazioni) e quello del culto dei morti e del trapasso delle anime (legato particolarmente alla figura dell’arcangelo patrono, San Michele “psicopompo”).


La parte bassa della facciata principale era ricoperta di bassorilievi, dal significato apparentemente incomprensibile. Mentre i geroglifici dell’antico Egitto sono stati tradotti, queste figure di uomini barbuti, teste mozze, sirene, segni zodiacali e alchemici, scene della storia sacra e della vita quotidiana, mostri e guerrieri, risultano ancora misteriose. Mostri, uomini che lottano con draghi e altre figure orride, percorrono i muri della Basilica in una “saga” per noi indecifrabile, ma non si trattava certo di un divertimento gratuito: queste immagini dovevano “parlare” all’uomo medievale un preciso linguaggio simbolico, ben ancorato al suo immaginario. Si dice che la regina Cristina di Svezia (1626-1689) sia stata uno degli ultimi personaggi a capirne il significato. [2] L’erosione della pietra ci sta privando completamente di questi bassorilievi, nonostante i tentativi di restauro.

Anche la posizione delle diverse figure era rivestita di caratteri simbolici particolari e un’interpretazione completa dei cicli di sculture e bassorilievi deve tener conto del loro insieme e dei giochi di luce e d’ombre che alle varie ore, nel fluire dei mesi e delle stagioni, il sole traeva dal monumento, come un bravo musicista fa­rebbe da uno strumento ben accordato. Senza pretendere di dare brevemente un’interpretazione che può solo procedere in parallelo su piani diversi e che a noi, uomini del sec. XX, appare piuttosto difficile e complicata, soffermiamoci tuttavia sui diversi tipi di figurazioni.

Sulla facciata principale apparivano la scena della tentazione di Adamo ed Eva, le immagini dell’impudi­ca Tamar e della casta Susanna, e re David che suonava l’arpa. Figure ormai cancellate o quasi, all’esterno. [3] Nei capitelli dell’interno, sul secondo pilastro a destra, Adamo ed Eva, Caino e Abele. Un’altra “vergine casta”, in un capitello a sinistra della navata centrale, sembra inserita a posteriori, come un tassello, forse al posto di un’altra figura.


ASTROLOGIA E ALCHIMIA

BURCKHARDT [4] ravvisa l’immagine del caduceo di Mercurio nei due serpenti-draghi intrecciati che ricorrono in diverse parti della decorazione scolpita nel San Michele. Questo stesso motivo si ripresenta nel simbolismo del nodo, in cui i due elementi si stringono l’un l’altro quanto più si cerca di dividerli: una delle immagini più adeguate, del resto, per esprimere la reciproca neutralizzazione dei poteri nello stato di “caos”.

Uno dei due rettili che rappresentano lo Zolfo e il Mercurio viene raffigurato a volte con le ali, mentre l’altro continua a restarne privo. L’assenza delle ali sta sempre a significare la natura “fissa” dello Zolfo; l’animale alato rappresenta invece il Mercurio, “volatile”. [5]

Altre figure a carattere simbolico appaiono qua e là, come il giocoliere a testa all’ingiù e i due viandanti o pellegrini con bordone e bisaccia (uomo e donna), nelle mensolette sotto il matroneo, le si­rene a due code.


RIFERIMENTI ASTRALI

“All’interno della chiesa romanica la luce del sole è captata dalla vetrata e accarezza le “luci” delle aperture. C’è una presenza solare magnificata, non solo nella chiesa, ma nella liturgia che celebra l’incanto del giorno. L’incanto della luce nell’epoca romanica potrebbe costituire il soggetto di un gran libro” (M.M. DAVY). [6]

L’identificazione di riferimenti solari in edifici sacri non significa che in essi si praticasse una qualche forma di culto all’astro diurno. L’orienta­mento delle chiese cristiane al sole nascente è cosa nota e gli altri simbolismi stellari che stiamo cercando procedono nella medesima direzione: le culture tradizionali non potevano concepire un’opera importante, religiosa o non, senza iscriverla in una qualche maniera nel mondo, definito dalle sue direzioni spazio-temporali, prima tra tutte quella definita dal luminoso orologio solare, accompagnato dalla luna e dalle stelle, a marcare solstizi, equinozi, stagioni e altre ore cosmiche legata ai calendari agricoli e alle feste locali. Appaiono particolarmente importanti, a tale proposito, gli studi compiuti sulla Cattedrale di Pisa,[7] sullo zodiaco di San Miniato al Monte a Firenze, [8] sulla Cappella degli Scrovegni a Padova, [9] sull’Abbazia francese di Mont St. Michel, la Sacra di San Michele in Val di Susa, l’Abbazia di Staffarda, il Duomo di Modena. [10] BURGALASSI osserva [11] :

“È nostra convinzione che i simboli non solo abbiano un loro significato complesso, spesso irriducibile a ogni interpretazione univoca, ma che essi trasformino, magari nei dettagli, tali significati a seconda del luogo in cui vengono ‘esportati’”.


SAN MICHELE PSICOPOMPO

La prima funzione di cui l’arcangelo Michele si faceva garante era quella del passaggio delle anime nell’aldilà, che si svolgeva nella mitologia antica sotto il doppio segno della levata delle Pleiadi, nelle stesse date dell’apparizione, della memoria, della con­sacrazione dell’arcangelo stesso (8 maggio e 29 settembre). Il cammino delle anime era concretizzato nel cielo dalla Via Lattea, che nei paesi celtici era chiamata “il castello di Lug” (divinità omologa del romano Mercurio). Fra i Germani le caratteristiche di Mercurio erano attribuite al dio guerriero Odino (Wotan per i Longobardi); la “cristianizzazione” della figura di Wotan con San Michele è stata sottolineata da diversi autori. Una teoria con solido fondamento vuole che la Chiesa cattolica, per stornare le popolazioni dal culto di Mercurio e di omologhe entità del Pantheon celtico o germanico, attribuisse all’arcangelo Michele funzioni che erano proprie di tali divinità; fra queste, il ruolo di psicopompo, accompagnatore di anime nell’aldilà dei beati, dopo la morte. Al culto di San Michele erano consacrate alture e cappelle nei cimiteri.[12]L’arcangelo Michele è preposto al transito dell’anima, ma anche a garantire il rispetto del giudizio divino. La sua lotta col diavolo, per il possesso dell’anima del defunto, è raffigurata in un capitello della Basilica pavese. Anche l’immagine dell’arcangelo con la bilancia, detta con termine greco psicostasi (pesatura delle anime), è presente con frequenza nell’arte medievale: ricordiamo quella di Talignano, nel Parmense, e in Francia, solo per citarne alcune, quelle scolpite o in vetrate ad Amiens, Autun, Bourges, Chartres, Saintes, nella S.te Chapelle di Parigi. [13] L’arcangelo Michele con la bilancia in mano appare in una piccola formel­la, all’esterno dell’abside maggiore della nostra Basilica, scolpita in epoca piuttosto tarda (forse nel sec. XV). Il pensiero corre anche a Minosse, mitico re di Creta e giudice degli Inferi, contrapposto all’arcangelo giudice dei beati. La presenza nella chiesa del Labirinto col Minotauro completa così l’asse rotatorio di collegamento tra il mondo materiale e gli altri mondi, sopra e sotto di esso.


I SIMBOLISMI DELLA PIANTA

L’asse della parte orientale del San Michele si appoggia sulle murature della chiesa precedente e forma un angolo ben percettibile con l’asse della navata: il primo è rivolto a 117°, ossia al sorgere del Sole nelle date dell’11 novembre (e del 18 gennaio, simmetri­camente rispetto al solstizio d’inverno), mentre la correzione, dovuta all’angolo formato con la navata, orienta la Basilica al 1° novembre (112°43’) e, simmetricamente, al 28 gennaio. Verso occi­dente, l’asse della chiesa ro­manica punta al tra­monto di metà maggio.[14] L’intersezione tra l’asse antico e quello più recente corrisponde al centro del labirinto presbiteriale. Possiamo presumere che la correzione sia voluta per un mutamento di consacrazione, all’epoca della ricostruzione romanica, poiché tale volontà appare chiara dalla “stortura” dell’arcone nord a sostegno della cupola: una stortura espressa con eccezionale abilità costruttiva.

San Michele, come un’enorme meridiana, segna la posizione del sole all’inizio d’altri segni zodiacali. A nord, fuori del transetto, una piazzetta accoglieva l’arrivo del re che scendeva dal Palazzo. Il lato orientale di questa piazzetta conserva la facciata della canonica, di età romanica, e il lato nord segna un tracciato viario di origine romana. La lunghezza di questa piazza è esattamente de­terminata dall’ombra congiunta del tiburio e della testata del transetto, a mezzogiorno, quando il Sole entra nel segno del Sagittario.[15] Potrebbe non essere un caso che negli anni di presumibile fondazione della Basilica tali momenti dell’anno fossero ripetutamente caratterizzati da congiunzioni di Sole e Saturno, un tema che in astrologia è ritenuto significativo di contenuti morali molto elevati. Si ebbero due congiunzioni molto strette tra i due “pianeti” il 18 novembre 1132 e il 13 gennaio 1138.



Possiamo solo presumere che altri riferimenti solari fossero contenuti in questa architettura; purtroppo, la scomparsa dei mosaici pavimentali (con eccezione del Labirinto e del Calendario, raffigurati nel presbiterio) non ci permette più di identificare i percorsi della luce all’interno dei sistemi di simboli figurati.

Nell’architettura romanica il portale gioca un ruolo preponderante e presenta una sorta di sintesi, sufficiente da sola a offrire un insegnamento. T. Burckhardt ha insistito sull’importanza della combinazione di porta e nicchia. Nella nicchia pensa di scoprire l’immagine ridotta della “caverna cosmica”.

(DAVY [16])

Un testo di René Guénon che studia la “caverna cosmica”, della quale ogni edificio sacro costituisce una raffigurazione, precisa che:

“la nozione delle due “porte solstiziali si trova in modo esplicito nella mag­gior parte delle tradizioni e le si attribuisce una considerevole importanza simbolica. La porta d’entrata è talvolta designata come “porta degli uomi­ni”, i quali possono in tal caso essere iniziati ai “piccoli misteri” oppure semplici profani, poiché non hanno ancora oltrepassato la condizione umana; e quella d’uscita è allora designata, per opposizione, come “porta degli dei”, per la quale cioè passano solo gli esseri che hanno accesso a stati supra-individuali... la “porta degli dei” è posta a nord e rivolta a est, sempre visto come il lato della luce e della vita, e... la “porta degli uomini” è posta a sud e rivolta a ovest, similmente visto come il lato dell’ombra e della morte; vengono così esattamente determinate le due vie permanenti, l’una chiara e l’altra oscura, del mondo manifestato; attraverso l’una non vi è ritorno (dal non-manifestato al manifestato); attraverso l’altra si può ritornare (nella manifestazione)”. [17]

Generalmente la porta solstiziale nord è più stretta dell’altra, come nel castello càtaro di Montségur.[18] Il simbolismo delle due porte identifica la caverna cosmica, o labirinto, come luogo di gestazione iniziatica, “pozzo” risolutamente chiuso ai fantasmi del mondo esterno e aperto solo verso lo zenith, da dove riceve la luce soprannaturale.

San Michele offre tre punti focali, sui quali condurre lo studio delle direzioni solstiziali (o, comunque, delle direzioni astrali): in progressione, dall’entrata all’abside, il cerchio dell’incoronazione, con quattro pietre nere, il centro architettonico della cupola all’incrocio tra navata e transetto e il centro del labirinto, nel mosaico presbiteriale. A questi tre punti corrispondono altrettante possibili “porte degli dei”: la porta dei funerali per il primo, l’arcata che un tempo comunicava col vano del campanile per il secondo (ove oggi si trova il fonte battesimale) e uno stretto passaggio, di comu­nicazione con la sacrestia, per il terzo (quest’ultima apertura appare però di epoca recente). Un’unica “porta degli uomini” esiste invece, in direzione del tramonto del solstizio d’inverno, per il secondo punto focale, ossia il centro della cupola: è il grande portale trionfale delle incoronazioni regali, sul lato sud della Basilica, che si affaccia a uno spazio esterno orientato a ovest. Sia questo portale, sia i tre della facciata occidentale, sono tutti esattamente compresi nell’arco annuale descritto dai tramonti solari, ossia tra i punti estremi dei solstizi d’inverno e d’estate. Ciò porrebbe in evidenza, quale “porta degli dei”, l’arcone di comunicazione col campanile e con la sua spinta ascensionale, volta a stabilire un ponte diretto di comunicazione col cielo.

Parlando dell’architettura, Alain impiega l’espressione “arte in riposo”. Il termine significa: al di là della durata e del movimento.[19] Si apparenta alla contemplazione. San Bernardo parla di “solstizio eterno”. È una visione del riposo, dell’immutevole in cui non esiste né passato né futuro: il solstizio eterno è un’abolizione del tempo. Il suo unico movimento - d’altronde incessante - si produce in senso verticale e non orizzontale, è approfondimento. [20]


IL LABIRINTO


Il pellegrinaggio era un “viaggio iniziatico”, una conversione, un cambiamento radicale di vita. In esso e nei suoi miti si fondeva­no il fascino e le tradizioni di antichi riti iniziatici, con influssi di leggenda, di alchimia, di magia. Non per nulla, quando si volle abolire l’Ordine dei Cavalieri Templari, essi vennero accusati di praticare culti magici segreti, di provenienza orientale.

Un viaggio iniziatico più ridotto, che simboleggiava in piccolo tutto il percorso del pellegrinaggio, era costituito dai labirinti, effigiati nel pavimento di alcune chiese (come quello famosissimo della Cattedrale di Chartres e quello che si trovava nel presbiterio della Basilica di San Michele a Pavia).

Il labirinto è generalmente assunto a simbolo della difficile e faticosa ricerca dell’uomo e del suo percorso attraverso i misteri della vita. [21] La sua presenza si collega anche al transito tra il mondo materiale e altri mondi.

Immagine di doppia rotazione, come le corna dell’ariete o le piante di chiese rotonde, il monumento ideato da Dedalo è un emblema la cui origi­ne risale almeno all’età megalitica...

In Mesopotamia era chiamato “il Palazzo delle Viscere”.

L’ingresso al labirinto, secondo il mitologo RAYMOND CHRISTINGER, corri­sponde al ritorno alla madre, alla terra, alla sorgente delle anime. L’evasione dal labirinto corrisponde alla rinascita o alla resurrezione.[22]

Il labirinto pavimentale del San Michele è corredato, ai lati del percorso a schema circolare, dei simboli della terra, del mare, del cielo, dell’uomo. L’anno, raffigurato come un re incoronato, troneggia al centro del fluire dei mesi e delle stagioni.

Useremo per le considerazioni seguenti la ricostruzione più ac­curata e attendibile del mosaico presbiteriale del San Michele sinora elaborata, opera di Maurizio Costa (1980-84). Essa deriva dall’analisi dei frammenti residui e dalla loro integrazione, tramite i disegni d’archivio conosciuti.[23] Occorre tuttavia segnalare la presenza di qualche frammento residuo, che non si riesce a collocare nel quadro d’insieme della ricostruzione.

Il ciclo inizia a Nativitate ma Novembre figura fuori posto, dopo Dicembre e prima di Gennaio. Tale scambio nell’ordine dei mesi ha stimolato a lungo la curiosità dei ricercatori. Lo spostamento citato fa slittare tutta la teoria dei mesi e pone maggio in posizione privilegiata, al fianco sud dell’Anno-Re, come già ebbe a osservare monsignor Gianani.[24] Maggio è il mese del Toro e della Madre celeste e l’8 maggio cade la commemorazione dell’apparizione dell’arcangelo Michele sul monte Gargano nel 663, durante la battaglia di Siponto, a promettere vittoria all’esercito longobardo.


SAN MICHELE E LE PLEIADI

Sin dall’antichità, presso molti popoli e nelle più diverse parti del mondo, la costellazione delle Pleiadi, chiamate anche “le pio­vose”, “vello”, “colombe” o “gallinelle” celesti[25] ha scandito i ritmi delle stagioni agricole con le quattro date del loro tramonto eliaco più ritardato, della levata eliaca più anticipata, della levata eliaca più tarda e del tramonto eliaco più anticipato. Nell’ordine in cui le abbiamo elencate, tali ricorrenze corrispondono nel calendario cristiano alle date del 25 marzo (l’Annunciazione), 8 maggio e 29 settembre (feste consacrate a San Michele), 11 novembre (San Martino). [26] A tali date si facevano corrispondere il principio dell’anno secondo lo stile ab Incarnatione e l’inizio della primavera, con l’ingresso del Sole nella costellazione dell’Ariete, [27] l’inizio dell’estate e della stagione dei raccolti, l’inizio dell’autunno con la semina di granaglie e ortaggi e infine il principio dell’inverno e il riposo dei campi. Riportiamo una serie di osservazioni relative al mondo antico, ri­cordando che le fasi eliache delle Pleiadi rispetto al calendario si sono spostate nei secoli, per la precessione degli equi­nozi:


FASI ELIACHE DELLE PLEIADI

Tebe Eliopoli Ales­sandria Babilonia Rodi Atene Cizico [28]
25°40’ 30°06’ 31°12’ 32°30’ 36° 38° 40°40’
ultimo tramonto
1500 a.C 29 marzo 29 marzo 29 marzo 29 marzo 29 marzo 29 marzo 29 marzo
1000 a.C 2 aprile 2 aprile 2 aprile 2 aprile 2 aprile 2 aprile 2 aprile
500 a.C. 5 aprile 5 aprile 5 aprile 5 aprile 5 aprile 5 aprile 5 aprile
anno 0 9 aprile 9 aprile 9 aprile 9 aprile 9 aprile 8 aprile 8 aprile
500 d.C. 12 aprile 12 aprile 12 aprile 12 aprile 12 aprile 11 aprile 11 aprile
prima levata
1500 a.C 7 maggio 9 maggio 9 maggio 10 mag 12 mag 13 mag 15 mag
1000 a.C 9 maggio 12 mag 12 mag 13 mag 15 mag 16 mag 18 mag
500 a.C. 12 mag 14 mag 14 mag 15 mag 17 mag 18 mag 20 mag
anno 0 15 mag 17 mag 17 mag 18 mag 20 mag 21 mag 23 mag
500 d.C. 18 mag 20 mag 20 mag 21 mag 23 mag 24 mag 26 mag
ultima levata
1500 a.C 28 set 25 set 24 set 23 set 20 set 18 set 16 set
1000 a.C 2 ottobre 29 set 28 set 27 set 24 set 21 set 20 set
500 a.C. 5 ottobre 2 ottobre 1 ottobre 30 set 27 set 25 set 23 set
anno 0 9 ottobre 6 ottobre 5 ottobre 4 ottobre 1 ottobre 29 set 27 set
500 d.C. 12 ott 9 ottobre 8 ottobre 7 ottobre 5 ottobre 3 ottobre 1° ott.
primo tramonto
1500 a.C 28 ott 28 ott 28 ott 28 ott 28 ott 29 ott 29 ott
1000 a.C 1° nov 1° nov 1° nov 1° nov 1° nov 2 nov 2 nov
500 a.C. 4 nov 4 nov 4 nov 4 nov 4 nov 5 nov 5 nov
anno 0 8 nov 8 nov 8 nov 8 nov 8 nov 9 nov 9 nov
500 d.C. 11 nov 11 nov 11 nov 11 nov 11 nov 12 nov 12 nov
Fonte: Pauly-Wissowa, Realencyclopädie der Classischen Altertumswißen-schaft, Stuttgart und Waldsee, Druckenmüller, 1952, s.v. Pleiaden (XXI, 2, 2503).


Una serie di esempi, riportati dall’Enciclopedia Pauly-Wissowa, [29] mostra le fluttuazioni rispetto al nostro calendario delle fasi eliache delle Pleiadi, così come sono riportate dai vari autori, anche come cardini del calendario agrario romano. Riterremo, come particolarmente significative, le quattro date sopra indicate, col relativo carico simbolico.

Il 25 marzo era la data in cui, nell’antica Roma, si svolgevano le Hilaria (feste equinoziali di Attis e Cibele), con l’immolazione di un toro, il cui sangue irrorava l’iniziato per la sua rinascita. [30]

Durante il mese d’aprile e sino ai primi giorni di maggio, nel periodo minacciosamente dominato dalla luna rossa, si svolgono, nelle antiche forme originarie o con simbolismi cristianizzati, le lotte annuali per la fecondità della terra. [31]

Le due festività annuali dedicate a San Michele (8 maggio e 29 settembre) coincidono quindi con le date estreme di “levata eliaca” della costellazione delle Pleiadi. [32] La figura del bovaro-gigante Gargano, di origine molto antica, collegata nei miti alle apparizioni dell’arcangelo Michele, corrisponde a Orione, il cacciatore che fu morso al tallone dallo Scorpione celeste mentre inseguiva le Pleiadi.[33] Esso appare nei planisferi celesti nell’atto di minaccia­re il Toro con la mazza.

Le date scandite dalle Pleiadi erano utili anche per la lavorazione di formaggi, l’apicoltura, la vinificazione e la coltivazione dell’ulivo. Come si può constatare i ritmi agricoli non corrispondevano a 4 stagioni di tre mesi ciascuna, bensì a un’estate di 15 settimane, un inverno lungo quasi sei mesi e 2 stagioni intermedie di 45 giorni. Il tramonto delle Pleiadi, a San Martino, fissava anche la data di rien­tro nei porti dei marinai mediterranei. L’astrologia voleva che i nati sotto il segno delle Pleiadi dovessero essere contadini o marinai (agricolas et gubernatores), dal carattere ombroso, malevoli, dediti al vino e alla lussuria (Firmino). Inoltre si riteneva che le Pleiadi, congiunte a un influsso lunare nefasto, potessero provocare la ceci­tà. Altro elemento importante era il collegamento delle Pleiadi con la sopravvivenza delle anime (materializzate nelle stelle cadenti).

Come ulteriore elemento d’analisi del mosaico dei mesi, si noti anche la greca più scura che, al di sopra d’Ottobre, marca l’ingresso nella stagione invernale.

L’analisi completa richiederebbe anche l’interpretazione delle sei figure di animali poste nella fascia superiore. I tre conservati sono un cane all’inizio di Febbraio (Candelora, S. Biagio, Carnevale) e due volatili, ai primi di Giugno e verso la fine di Luglio (periodi corrispondenti al tramonto e al nuovo sorgere della stella Sirio, con la festa di S. Giacomo, il 25 luglio - anch’egli deputato al passaggio dei morti nella Via Lattea). Secondo le memorie grafiche, un altro animale - cane o selvaggina - si trovava al di sopra di Settembre, un pesce al prin­cipio di Dicembre e una lepre alla fine di Novembre.

Al centro del Labirinto, il Minotauro volge il capo all’entrata della Basilica: fatto certo inusuale, ma sicuramente non casuale. Il Pegaso, il Lupo (corrispondente alla costellazione del Cane Maggiore) e la Capra (Capella), il Dragone, il Cigno (chandida avis), il Toro, l’Uomo, hanno precisi significati nell’iconografia medievale. A un esame meno distratto, essi appaiono tutti corrispondere a costellazioni della volta celeste, nella posizione che esse occupano nel cielo diurno di metà maggio (oppure, simmetricamente, nel cielo notturno dei primi di dicembre)(fig. 23-24).


TABELLA DELLE CORRISPONDENZE

Figure del mosaico Costellazioni Stelle principali
(loro magnitudo)
Minotauro Toro Aldebaran (1)
Teseo Perseo (Boote?) Mirphak (1,8), Algol (stella del demonio, 2,1) (Arturo, -0,1)
Cigno Cigno Deneb (1,3), b Cygni
Pegaso Pegaso Markab (2,5), Alpheratz (2), Mirach (2) (a, bAndromedae)
Dragone Dragone (*)
Lupo Cane maggiore Sirio (-1,5)
Capra Auriga Capella (0,2)
Golia Orione Betelgeuse (0,9), Rigel (b, 0,3)
Davide Gemelli Castore (1,6), Polluce (1,1)
Vergine Vergine Spica (1,2)


(*) NB - La costellazione del Dragone indicava il Nord celeste, prima che la precessione degli equinozi le sostituisse la Stella Polare.

Si può quindi constatare che il mosaico mostra la carta celeste della prima metà di maggio, a mezzogiorno, col Sole al centro e il mezzogiorno locale verso l’ingresso della chiesa e la scala d’accesso al presbiterio. La posizione del Minotauro, rivolto verso lo spet­tatore, oltre a indicare la navata della Basilica, corrisponde all’im­magine celeste della costellazione del Toro. Alcune delle costellazioni raffigurate nel mosaico (la metà di destra) appaiono nel loro reale aspetto e posizione celeste, mentre nella metà di sinistra sem­bra esserci un certo “disordine”. La Via Lattea, in questo cielo, dovrebbe attraversare in diagonale la composizione, dal Cigno a Sirio (Cane Maggiore - Lupo).

Dalla scritta posta al centro del mosaico traspare l’invito a guardare il cielo e le stelle, che assume un più preciso significato alla luce dell’interpretazione sin qui svolta delle figure astrali del mosaico. [34]

NOTE
[1]H. Focillon, Le Moyen Age roman (Art d’Occident, vol. 1), Paris, A. Colin, 1938.
[2]S. S. Capsoni, Memorie istoriche della regia città di Pavia, Pavia, Mon. San Salvatore, 1785, vol. II, p. 129, nota e.
[3]Cfr. F. Gianani, La Basilica di San Michele Maggiore, Pavia, 1974.
[4]T. Burckhardt, Alchemie, Sinn und Weltbild, Olten-Losanna, 1960 (tr. it.: Alchimia, significato e visione del mondo, Torino, Boringhieri, 1961, Milano, Arché, 1974, Guanda, 1981). Dello stesso autore, cfr. anche: L’arte sacra in Oriente e in Occidente, Milano, Rusconi, 1976.
[5]Cfr. Senior Zadith, Turba Philosophorum, in Bibliothèque des Philo­sophes Chimiques, Paris, 1741.
[6]M. M. Davy, Essai sur la symbolique romane, Paris, collection “Homo Sapiens”, 1955, 2. ed.: Initiation à la symbolique romane, Paris, Champs-Flammarion, 1964-77 (tr. it.: Il simbolismo medioevale, Roma, Ed. Mediterranee, 1988).
[7]Cfr., fra altri: P. Sanpaolesi, Il duomo di Pisa e l’architettura romanica toscana delle origini, Pisa, Nistri-Lischi, 1975; M. Dezzi Bardeschi, “Fata columnarum tollit ad astra”. Architettura e cosmologia nella Piazza dei Miracoli a Pisa, “Psicon, rivista internazionale di architettura”, 2/3, Firenze, gen.-giu. 1975, p. 117-129; S. Burgalassi, Per una storia della religiosità pisana, Ospedaletto (Pisa),Pacini, 1988; M. Frisari, Bologna. Le dodici porte, i dodici segni zodiacali, Imola, ed. Sarva, 1991.
[8]F. Gettings, The secrets of San Miniato al Monte - I misteri di San Mi­niato al Monte, Il significato dello zodiaco della navata, Keighsley (West Yorkshire, UK), The San Miniato Press, 1982.
[9]Cfr. G. Romano, Archeoastronomia italiana, Padova, CLEUP, 1992, p. 57-67.
[10]Cfr. J. C. Fabre, Maison entre Terre et Ciel, Plazac Rouffignac, éd. Àrista (tr. it. Casa tra Terra e Cielo, Torino, ed. Àrista, 1990); M. Centini, Il portale dello zodiaco alla Sacra di San Michele, Quaderni di “Ad Quintum”, 3, Torino, 1989; C. Peano, I Segreti Solari di una Abbazia Cistercense, Santa Maria di Staffarda, Cavallermaggiore, Gribaudo, 1993; M. Fundarò, Il Duomo di Modena: un calendario di pietra, “‘ANANKH”, 1995, p. 92-7.
[11] Op. cit.
[12]Cfr. E. Mâle, L’art religieux du XII siècle en France, Paris, 1924; e: Cronier, in Bull. Mon., XXVIII.
[13]Cfr. F. Botti, La psicostasi di Talignano e San Michele nel culto e nel­l’ar­te medioevale, Parma, An. Zafferri, 1942.
[14]Si noti che, con le differenze che dipendono dalle rispettive latitudini, gli stessi orientamenti sono rispettati nella famosa chiesa abbaziale di Mont St. Michel, posta sulla costa atlantica, tra la Bretagna e la Normandia. L’abside di tale chiesa punta al levar del sole dell’8 maggio e del 6 agosto (festa della Trasfigurazione), la facciata è rivolta al tramonto dell’11 novembre e del 2 febbraio (giorno della Purificazione). Cfr. J. C. Fabre, cit. in bibl.
[15]L’angolo di altitudine solare in tale circostanza è di circa 24°. Nel 1138, ad esempio, il Sole entrò nella costellazione astrologica del Sagittario il 18 novembre e, al mezzogiorno locale, presentava un’altitudine di 24°07’. Simmetricamente, il sole si trovava all’altitudine di 24°03’ a mezzogiorno del 10 gennaio. Negli anni 1991-95 il Sole è entrato in Sagittario tra il 22 e il 24 novembre e, al mezzogiorno locale, la sua altitudine variava, a seconda degli anni, tra 24°28’ e 24°38’.
[16]Op. cit., v. nota bibl. Il riferimento è a: T. Burckhardt, Je suis la porte. Considérations sur l’iconographie du portail roman, in Etudes tradi­tionnelles, 308, juin 1953, p. 168 sgg. e 309, julllet 1953, p. 233 sgg.
[17]R. Guénon, Symboles fondamentaux de la Science sacrée, Paris, Gallimard, 1962, pag. 237-241 (tr. it.: Simboli della scienza sacra, Milano, Adelphi, 1972-75-84), e: Aperçus sur l’ésotérisme chrétien, Paris, 1954.
[18]Cfr. G. R. Doumayrou, Géographie sidérale, Paris, Union Générale d’Éditions, 1975, pp. 185 sgg.
[19]Les arts et les dieux, Paris, Collection La Pléiade, 1958, p. 340.
[20]M. M. Davy, Essai sur la symbolique romane, Paris, collection “Homo Sapiens”, 1955, 2. ed.: Initiation à la symbolique romane, Paris, Champs-Flammarion, 1964-77 (tr. it.: Il simbolismo medioevale, Roma, Ed. Mediterranee, 1988).
[21]Sui valori simbolici del Labirinto segnaliamo in particolare: Kern, Labirinti, Milano, Feltrinelli, 1981; K. Kerényi, Nel Labirinto, Torino, Boringhieri, 1983.
[22]Cfr. G. R. Doumayrou, Op.cit., nota 52, p. 166-7. Il riferimento nella frase è a: R. Christinger, Les Limaçons de la Campanine, (testo non meglio identificato), p. 25.
[23]Fonti bibliografiche importanti per la storia del mosaico pavimentale del San Michele sono: G. G. Ciampini, Vetera monimenta..., Roma, II, 1699, p. 4-5, tav. II, E. Aus’m Weerth, Der Mosaikboden in St. Gereon zu Cöln..., Bonn, 1873, p. 14-15 (che offre una ricostruzione del mosaico, ma con un alterato rapporto dimensionale tra le parti residue e quelle ricostruite sulla base del disegno del Ciampini), C. Dell’Acqua, Op. cit., P. D’Ancona, L’uomo e le sue opere nelle figurazioni italiane del Medioevo, Firenze, 1923, p. 100-101, R. Soriga, Pavia, Bergamo, Arti Grafiche, s.d. (1925 ca.), F. Gianani, Op. cit. Citiamo in particolare la pubblicazione del Sòriga per la preziosa immagine del mosaico tratta da un manoscritto ormai perduto della Biblioteca Vaticana.
[24]Op. cit. Cfr. anche: A. Arecchi, Pavia e gli astri, cit.
[25]Martin Lutero usò il termine “gallinelle” (Glucke) nella sua traduzione della Bibbia (Amos, 5, 8). Chiamate in latino Vergiliae, le sette Pleiadi sono Alcione (magnitudo 3), Asterope, Celeno, Elettra, Maia, Merope e Taigeta. Citate nella Bibbia e da Omero, esse erano, per la mitologia antica, figlie di Atlante e Pleione e sorelle delle Iadi. Nei bestiari medievali si citava il fatto che, al sorgere delle Pleiadi, gli struzzi deponessero le uova. Nel cielo di Pavia la direzione della loro levata era nel sec. XII di 58°45’ e quella del tra­monto di 301°20’.
[26]Cfr.: G. De Santillana - H. Von Dechend, Hamlet’s Mill, 1969 (tr. it.: Il mulino di Amleto, Saggio sul mito e sulla struttura del tempo, Adelphi, 1983), e: Pauly-Wissowa, Realencyclopädie der Classischen Altertumswissenschaft, Stuttgart und Waldsee, Druckenmüller, 1952, s.v. Pleia­den (XXI, 2, appendice). L’importanza delle Pleiadi nell’anno agricolo e delle loro direzioni di levata e di tramonto eliaci negli allineamenti dell’architettura sacra è ben nota agli studiosi. Citiamo, come altro esempio: K. Knight, Gematria in the Hebrew Cabbala, in Glastonbury. Ancient Ava­lon, New Jerusalem, London, Rider and Co., 1977-78, p. 112-118. Quanto a San Martino, è stata avanzata l’ipotesi di una sua corrispondenza simbolica con lo stesso Lug, divinità celtica preposta al passaggio agli Inferi. Ricordiamo anche l’importante ruolo dell’oca, animale simbolico legato al culto di San Martino (Cfr.: A. Cattabiani, Calendario (Le feste, i miti, le leggende e i riti), Milano, Rusconi, 1989).
[27]Callippo, metà del sec. IV a.C; Esiodo, Opere e giorni, a cura di G. Arrighetti, Milano, Garzanti, 1985 (vv. 383 – 665).
[28]Abbiamo inserito la tabella quale appare nel testo citato, ma occorre far rilevare le seguenti correzioni di latitudine: Rodi 36°26’ (il parallelo 36° taglia la parte sud dell’isola, non la città, alla quale presumiamo si facesse riferimento per le osservazioni stellari); Cizico 40°24’ (a 40°40’ corrisponde piuttosto l’antica Nicomedia).
[29]Pauly-Wissowa, Realencyclopädie..., s.v. Pleiaden (XXI, 2, 2511-14).
[30]Cfr. J. G. Frazer, The Golden Bough (Il ramo d’oro), ed. min., 1922 (ed. it. dal 1925 in poi).
[31]C. Gaignebet, J. D. Lajoux, Art profane et religion populaire au Moyen Age, Paris, P.U.F., 1985; tr. it.: Arte profana e religione popolare nel Medio Evo, Milano, Fabbri, 1986, p.240.
[32]Cfr.: C. Gaignebet, J. D. Lajoux, Op. cit.
[33]Un’analisi piuttosto lunga sarebbe richiesta dalle corrispondenze mitiche tra Gargano, Gargantua, San Galgano, San Gorgonio, il cavaliere Galvano della Tavola Rotonda e altri personaggi legati alle mitologie dell’Europa occidentale. Non occorre in questa sede l’opportunità - né lo spazio - neppure per una citazione bibliografica ponderata.
[34] Cfr. A. Arecchi, Il Labirinto celeste. note sui simboli nella Basilica e nel mosaico di San Michele, in “Bollettino della Società Pavese di Storia Patria”, Pavia, 1994, p. 71-107.
Pubblicato 19/03/2008 09:59:52