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di Alberto Arecchi

IL MERCATO COPERTO, “SALOTTO FALLITO" DI PAVIA


Tutte le città di una certa importanza si dotarono, nell’Ottocento, di almeno una “Galleria” centrale, nel centro cittadino, coperta di vetro, in modo da permettere che tra i migliori esercizi commerciali si potesse svolgere il passeggio al coperto.

Milano ha più d’una di tali gallerie, oltre alla principale e più nota, dedicata a Vittorio Emanuele II ed eretta dall’architetto Giuseppe Mengoni, che si affaccia sulla Piazza del Duomo (1865-77). Soltanto Pavia, però, può vantare un primato non invidiabile: una galleria coperta da vetrate, nelle quali piove sempre a dirotto, nonostante ripetuti restauri (nel 1933 e poi alla fine degli anni 1970), e sulle quali non si affaccia nessun esercizio di commercio di una qualche importanza, tanto da costituire come il “retro” dei negozi adiacenti.

Giuseppe Bernardo Arnaboldi Gazzaniga (1847-1918) era un milanese ricchissimo, con proprietà in Brianza, a Pavia e nell’Oltrepò Pavese. Agronomo, economista, politico e benefattore, nacque a Milano il 2 agosto 1847 da Stefano e da Giovanna Marocco, facoltosi possidenti della provincia di Pavia. La famiglia Arnaboldi Gazzaniga era proprietaria dal 1799 del palazzo Isimbardi di Stradella, divenuto sede del Municipio dal 1884. Gli fu conferito il titolo di conte da Vittorio Emanuele II “per le sue generose azioni”. II comm. Bernardo Arnaboldi Cazzaniga (antenato della ex ministra Letizia Brichetto Arnaboldi in Moratti) fu sindaco di Pavia e presidente del Consiglio agrario pavese. Deputato di Pavia, Stradella e Cantù dal 1882 al 1909, sedette a destra, tra gli agrari, ma votò talvolta per la sinistra. Senatore dal 1911. Fu tra i fondatori del « Corriere della Sera ».

Fece costruire a proprie spese la cupola del Mercato Coperto. Deputato al Parlamento, sostenne dure polemiche con Felice Cavallotti. Fu sindaco di Pavia per quattro anni e si dedicò ad un’intensa, quasi maniacale attività edilizia. Sponsorizzò il restauro stilistico e la ricostruzione del Castello di Carimate, una sua proprietà in provincia di Como; a Pavia aveva finanziato gli ingenti restauri della Basilica di San Michele e l’ampliamento del proprio palazzo con un’ala verso il giardino che fronteggia la Basilica, in modo da creare una grandiosa scenografia con la facciata della stessa come fondale. Un giardino ornato da piante esotiche, palme e cedri del Libano. Dopo di che, fece demolire e ricostruire un intero isolato medievale del centro cittadino, inserendovi una galleria coperta con vetrata, che desiderava potesse divenire il nuovo cuore commerciale della città. Il conte Arnaboldi era senza dubbio l’uomo più ricco di Pavia, tanto che entrò nell’uso comune il modo di dire: “G’ho mia la borsa d'l'Arnaboldi! – Non ho la borsa d’Arnaboldi!”

L'isolato tra la Strada Nuova e la chiesa parrocchiale di Santa Maria Perone, dal Catasto Teresiano (sec. XVIII). Si noti che, a differenza delle nostre convenzioni abituali, il Nord è collocato a sinistra della mappa.

Nel 1878, il Comune stabilì di allargare l’incrocio tra il “cardo maximus” e il “decumanus maximus” della città, arretrando la facciata dell’albergo Croce Bianca (nel primo isolato a sud dell’incrocio).

Bernardo Arnaboldi, allora sindaco della città, colse l’occasione per comprare gran parte dell’isolato adiacente e far arretrare la facciata orientale della Strada Nuova sino all’incrocio con via Varese.

Fu una grande speculazione immobiliare, con l’abbattimento di un paio d’isolati dell’antico centro urbano, comprendenti la ex parrocchia di Santa Maria Perone e un interessante palazzo medievale (sec. XII-XIII), chiamato “Palazzo del Popolo”, con grandi bifore decorate, del quale non si sa molto: rimangono solo i disegni dell’ing. C. Migliavacca, conservati presso gli archivi comunali.

Il rilievo del Palazzo del Popolo, redatto dall'ing. C. Migliavacca (dagli Archivi comunali).

Un’operazione immobiliare di oltre 2000 metri quadrati. Il progetto fu affidato all’architetto milanese Ercole Balossi, che lo realizzò “in stile bramantesco”. A quanto pare, pur in un'epoca in cui la sensibilità ai valori dell'arte medievale si era fatta strada nelle coscienze, non vi furono esitazioni a distruggere completamente le memorie d'un Palazzo che appare, dai disegni, come un'opera di notevole valore per la storia archeologica della città.

Al centro delle nuove costruzioni, un unico passaggio di uso pubblico, tra la Strada Nuova e la Piazza del Popolo (oggi chiamata Piazza del Lino), con una gran cupola vetrata su un’armatura di ferro realizzata dalla Necchi. Lo spazio sotto la cupola era destinato ad accogliere le bancarelle del mercato cittadino, che si addensavano nella Piazza Grande e nelle strette vie circostanti, ma ciò non accadde mai.

La facciata verso la Strada Nuova del nuovo Mercato Coperto (dagli Archivi comunali).

Le elezioni cittadine del 1883 videro esplodere grandi polemiche, poiché il Comune si era addossato tutte le spese di manutenzione e di illuminazione del pubblico passaggio, mentre gli affitti degli immobili rinnovati venivano intascati direttamente dal Sindaco uscente (l’Arnaboldi stesso…).

Dopo avere in qualche modo sistemato il forte dislivello esistente tra la quota dell'attuale Corso Cavour e la chiesa di San Tommaso, la piazza ottenuta dalla demolizione della parrocchiale di Santa Maria Perone – nella quale in un primo tempo era stata sistemata una fontana – accolse, tra il 1899 e il 1900, il monumento alla Famiglia Cairoli, opera dello scultore Enrico Cassi. Sotto la cupola, per qualche tempo, fu ospitato anche l'ufficio postale centrale di Pavia, prima della costruzione dell'edificio attuale (anni 1920-25), ma la Galleria rimase sempre estranea al grande traffico del passeggio cittadino.

Pubblicato 06/05/2020 09:32:42