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I MISTERI OFICI
Il culto del serpente nell’antichitàCome avrebbero potuto gli antichi Egizi adorare il ripugnante serpente? In primo luogo deve essere fatta una distinzione tra le immagini simboliche e ciò che esse rappresentano. Il serpente, specificamente il cobra, era il simbolo di una delle più importanti divinità egiziane. Questo costituisce quasi una definizione di idolatria, ma non importa, il pregiudizio contro la fede negli idoli è un fatto moderno. Abbiamo visto i vincitori del premio Oscar accarezzare e baciare la statuetta, e possiamo ignorare l’accusa di idolatria, perché comprendiamo che non è la statua ad essere oggetto d'attenzione, ma ciò che la statua rappresenta. La stessa considerazione dovremmo fare per gli Egizi, quando prestavano un culto ai pericolosi serpenti.
Che cosa dunque rappresentava il cobra, per gli antichi Egizi? È importante notare che la più venerata delle divinità egiziana era Ra, che era simboleggiato da un uomo, coronato con il disco solare, circondato da un serpente. Questo simbolo, a sua volta, era venerato come Ureo. Ciò che è trascurato nell’informazione popolare sull’Egitto è il rapporto tra l’Ureo e Ra. Per motivi che diventeranno più chiari, questa divinità minore può essere intesa come la discendenza di Ra, come fecero i greci, che fecero nascere Atena dalla fronte di Zeus.
Mentre la dea è degna di rispettosa devozione, il cobra gode di una devozione familiare che sembra inadeguata a una divinità femminile.
Una distinzione deve essere fatta tra la dea adulta e la dea bambina. L’Ureo rappresentava la dea bambina. Questa situazione è analoga alla devozione indù di Krishna come adulto, uomo, per esempio, come egli appare con Arjuna nella Bhagavad–Gita, in contrasto con il neonato Krishna della devozione popolare. Appare un po’ difficile concepire tale contrasto nel pantheon egizio, dato il senso di totale assenza del tempo in cui l’Egitto era impregnato.
Questa divinità del cobra bambino era oggetto di tenera devozione da parte degli "adoratori di serpenti" egiziani. Forse sarebbe più esatto, biologicamente, chiamarlo un cucciolo, un bebé. Socrate trattò l’universalità della natura umana, e i moderni di conseguenza potrebbero rispondere al fascino esercitato dai cuccioli di ogni specie. Era una peculiarità del sistema di scrittura egiziana che il simbolo della "oo" fonetica fosse rappresentato dal pulcino dela quaglia:
Mentre il cobra è davvero terrificante nella realtà, è un simbolo idoneo per la figlia della fornace solare. Sotto la suprema presenza del sole, a sua volta, il cobra è diminutivo. Il terribile cobra è ridotto a una povera, piccola cosa sotto il feroce bagliore del sole, e la pietà porta facilmente alla compassione, mentre il cobra non è un pulcino qualsiasi. Gli era attribuita una particolare devozione, da speciali adepti del culto, e non è un giocattolo. È fondamentale individuare gli aspetti devozionali della Dea Cobra nelle sue molteplici espressioni. Non tutti i serpenti erano considerati sacri dagli Egizi. Il cobra mortale, tuttavia, era per loro una fonte di ammirazione, e il modo in cui erano allevati, già pronti a colpire sin da piccoli. Con questa attitudine il cobra ricordava agli Egizi lo stesso sole, e il modo in cui esso sorge ogni giorno all’alba, come il cobra.
In questa iscrizione copiata da Wallis Budge, Egyptian Language (Londra 1910, a stampa: Dover 1983) si noti il pittogramma del Cobra, adiacente al geroglifico fonetico che articola uno dei suoi nomi (Ara – legato alla costellazione dello Scorpione) e che esprime l’ispirazione, sia letteralmente l’allevamento del cobra, e spiritualmente nel cuore umano il sentire recrudescenza di gioia:
L’iscrizione recita: “Il tuo cuore è lieto perché l’Ureo sorge davanti a te”.
(Budge, Egyptian Language , pag. 73, citazione 13).
Scorpioni e Cobra sono raffigurati negli antichi petroglifi dalla regione del deserto del Negev, in Israele meridionale.
Sopra lo Scorpione, nell’eclittica, sorge l’enorme figura sciamanica di Ofiuco, in lotta con un grande serpente, nel tentativo di schiacciare sotto il piede lo Scorpione di morte. Un’antica tavoletta babilonese elenca una costellazione Nutsirda, "il principe del Serpente", chiamata in semita Namassu, "il rettile", e in Sumero–accadico An–u–gir "Signore degli Inferi", che presiedeva a morti e malattie. I Greci chiamavano questa costellazione Asklepios (Esculapio, figlio d’Apollo), che era egli pure il loro Dio della Medicina. Un piccolo frammento superstite di un planisfero trovato nella regione dell’Eufrate elenca il Sumero–accadico Kisal–Bat–Ala, assiro–babilonese Kisallu–Iabiru, "l’Antico Altare Infero". Si tratta di Ara, l’Altair sotto la coda dello Scorpione, verso la quale il Centauro spinge il Lupo. Manilio affermò che il sorgere di Ara "forma quelli che servono nei templi di culto". (Approssimativo arco tropicale di Ara [epoca 2000]: 18° Sagittario – 1° Capricorno).
Mosè rispose e disse: "Ma non mi crederanno e non ascolteranno la mia voce, quando dirò loro, ‘Dio non si è presentato a voi’".
E Dio gli disse: "Che cosa hai in mano?"
Mosè disse: "Un bastone".
Dio disse: "Gettalo a terra".
E lo gettò a terra, e divenne un serpente, e Mosè fuggì.
(Shemot 4:1–3)
[http://www.spinninglobe.net/goddessnames.htm]
Gli Ofiti mantennero un culto molto speciale per questi rettili, che erano allevati e nutriti in cesti. Essi tenevano le loro riunioni presso le tane in cui vivevano i serpenti. Disponevano dei pani su un tavolo, e poi, per mezzo di incantesimi, attiravano il serpente fino a quando non veniva ad avvolgersi tra queste offerte, e solo allora essi si comunicavano con l’unico pane, e ognuno baciava il muso del rettile che aveva affascinato. Questo, hanno sostenuto, era il perfetto sacrificio, la vera Eucaristia.
Gli Ofiti affermavano:
"Noi veneriamo il serpente, perché Dio ha fatto per suo mezzo la Gnosi per l’umanità. Ialdabaoth (il Demiurgo, che era il ‘dio degli ebrei’) non ha avuto rapporti con gli uomini e non ha alcuna connessione con la Madre o il Padre in alto. Fu il serpente che, con la tentazione, ha portato loro la Gnosi; ha insegnato all’uomo e alla donna la completa conoscenza dei misteri dall’alto. Per questo motivo [suo] padre Ialdabaoth è impazzito di furore, e l’ha cacciato giù dal cielo".
(S. Epifanio, Vescovo di Pavia,Adversus haereses)