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IL MISTERO DEL TELESCOPIO DI BRUEGHEL

Oggetti anomali nei quadri, tra il Cinque ed il Seicento

In un recente colloquio, tenuto all'inizio del 2009 presso l'Istituto de Astrofisica delle Canarie (IAC), il Dr. Paolo Molaro dell’Osservatorio Astronomico di Trieste ha parlato de: "L'invenzione del telescopio e i dipinti di Jan Brueghel" Molaro si riferisce a Jan Brueghel il Vecchio (1568-1625). Per inciso, Molaro aveva fatto una presentazione simile al Simposio IAU UNESCO a Parigi, pochi giorni prima ( "I primi telescopi nei dipinti di Jan Brueghel").

L’altro studioso italiano Pierluigi Selvelli, nella sessione poster "Telescopi nel dipinto di Bruegel 'La Vista'", settembre 2008" 400 anni di telescopi astronomici", aveva sostenuto ipotesi simili alla conferenza a ESA / ESTEC a Noordwijk.

Nel suo dipinto del 1617 “L’allegoria della visione”, il pittore fiammingo Jan Brueghel il Vecchio mostra quello che sembra un telescopio, nel modello realizzato da Keplero. La lunghezza e l’evidente oculare per l’occhio sono inconfondibili, come affermano gli autorevole studiosi di telescopi Paolo Molaro e Pierluigi Selvelli. Quel particolare tipo di telescopio, però, sarebbe stato inventato dall’astronomo Giovanni Keplero soltanto quindici anni dopo.

A differenza del telescopio di Galileo, nel quale i padri della chiesa si rifiutarono persino di guardare, per confermare le sue scoperte astronomiche, la versione di Keplero poteva ottenere ingrandimenti notevolmente superiori, ma l’immagine appariva capovolta. Si pensa che egli lo inventasse nel 1631. Così, come può essere mostrato nel 1617? Questo potrebbe provare che l’idea fosse stata concepita in precedenza, oppure può essere un esempio di premonizione di una tecnologia ancora di là da venire?

Jan Brueghel ha raffigurato telescopi in quattro dipinti che coprono il periodo tra il 1609 e il 1621. Abbiamo studiato la natura e l'origine di questi telescopi. Un "tubo" ottico che appare in un dipinto datato 1608-1612, e, probabilmente, riprodotto anche in un dipinto del 1621, rappresenta la documentazione prima di un cannocchiale olandese, che potrebbe anche provvisoriamente attribuito a Sacharias Janssen o Lipperhey, quindi prima di quelli fatti da Galileo. Altri due strumenti simili sono richiamati da numerosi tubi che appaiono nei due dipinti del 1617 e il 1618: sono molto sofisticati per il periodo e si ritiene che possano rappresentare i primi esempi di telescopi kepleriani.

Nell'articolo “Time Travel Evidence”, sulla rivista Atlantis Rising, n. 71, il ricercatore Joseph Jochmans ha argomentato su una pala d'altare molto particolareggiata, dal titolo "Disputa dell'Eucaristia", dipinta tra il 1595 e il 1600 dall’italiano Bonaventura Salimbeni (detto anche Bevilacqua) per la chiesa di San Pietro a Montalcino (Siena), raffigurante nella parte alta la SS. Trinità. Nella parte alta, tra le tre Persone divine, appare il globo dei Cieli, sotto la forma d’una sfera metallica, come un satellite artificiale completo d’antenne, che potrebbe essere una specie di strumento per il viaggio nel tempo, proveniente dal futuro. Certamente l’oggetto ha un inusuale aspetto hi-tech, totalmente fuori luogo per un quadro del sec. XVI o XVII.

Questo “strano oggetto”, che si trova nella chiesa di San Pietro a Montalcino, dai molteplici appassionati di cose ufologiche e misteriose, è stato soprannominato “il satellite artificiale russo (Sputnik)”. Secondo le conclusioni di altri studiosi, però, questo strano oggetto raffigurato nel dipinto del Salimbeni, altro non sarebbe che un mappamondo, che dovrebbe raffigurare il Cosmo intero, al cui interno è rende visibile la nostra stella (il sole).

La cosa più interessante è che si evidenzierebbero meridiani e paralleli; il piccolo cilindro attaccato ad un punto della sfera potrebbe servire a fissare il globo ad un sostegno.

Se andiamo ad esaminare le molte icone ubicate nelle chiese dell’Est, nella maggior parte di esse è possibile vedere raffigurate sfere o globi con le medesime rappresentazioni e schemi. Al centro dell’icona campeggia o la persona di Cristo o tutta la Trinità. Dunque a ben vedere, pure il dipinto del Salimbeni non si allontana da questo schema d’indagine, presentando molti punti di contatto con i dipinti di area ortodossa.

Gli oggetti che più d’ogni altro hanno fatto pensare al satellite, e ciò le ”antenne”, sarebbero quindi scettri, saldamente tenuti in mano da Gesù e da Dio. Questi scettri scendono dalle loro mani e si saldano sul globo a simboleggiare il contatto e l’unione con il Creato.

Senza dubbio, i pittori rinascimentali dell’Italia e dell’Olanda erano molto avanti per il loro tempo e conoscevano segreti – specialmente nel campo dell’ottica – che sono ancora ignoti ai nostri tempi.

L’opera di Vincent Ilardi "Renaissance Vision from Spectacles to telescopes" cita quattro opere di Pieter Brueghel il Vecchio che raffigurano l'uso di strumenti ottici, e tutte apparentemente mostrano coloro che usano tali strumenti in una luce negativa. Si tratta di:

1. “L’Arciduca Alberto che osserva Mariemont Castle“, 1608-1611, Richmond (VA), Virginia Museum of Fine Arts

2. “L’allegoria della visione” (con Peter Paul Rubens), 1617, Madrid, Museo del Prado, 65 x 109 cm

3. “I sensi della vista e dell’odorato“, 1618-1620, Madrid, Museo del Prado, 176 x 264 cm

4. “Allegoria dell’Aria, o l'Ottica” (con Peter Paul Rubens), 1621, Paris, Musée du Louvre, 45 x 65 cm

Pubblicato 21/11/2009 10:16:43