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Articoli

di Alberto Arecchi

DIHYA (LA KAHINA), REGINA BERBERA


Dihya, chiamata anche Tadmayt o Tadmut, conosciuta sotto il titolo di Kahina ou Kahena (sacerdotessa, indovina), fu una regina berbera zeneta della regione degli Aurès (attuale Algeria) che combatté contro gli arabi omayyadi, all’epoca della conquista musulmana del Maghreb (VII secolo).

Pare che fosse nata intorno all’anno 640. Morì nel 703 a Khenchela.

Secondo lo storico arabo Ibn Khaldoun, sarebbe morta all’età di 127 anni. Secondo Al Darisi, Dihya comandò la tribù dei Djerawas per 65 anni, visse 127 anni e governò l’Ifriqiya per cinque anni.

Secondo altri cronisti, cominciò a dirigere la resistenza armata contro gli arabi a 22 anni.

Alla Kahina furono attribuiti poteri magici.

I cronisti arabi la descrivono come una donna d’incredibile bellezza, dal pugno di ferro, combattente indomabile.

Diverse romanziere e saggiste femministe hanno presentato la sua figura come simbolica, descrivendola come una delle prime femministe.

Icona del nazionalismo berbero, era figlia di Thabet, capo della tribù degli Idjerawen.

Il soprannome “Kahina” le fu dato dai nemici arabi, per la sua capacità di prevedere l’avvenire. M’hamed Hassine Fantar ha scritto che il soprannome Kahena sarebbe d’origine punica (Kahena = khn, Kohenet, cioè sacerdotessa).

Il Nord Africa era divenuto, dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, teatro di scontri tra Bizantini e autoctoni, come pure tra Berberi nomadi e sedentari.

La conquista araba del Nord Africa fu decisa dal capo della dinastia omayyade, Muawiya I, primo califfo omayyade, e proseguita da suo figlio Yazid. Oqba Ibn Nafi era il generale a capo delle truppe arabe musulmane, che governò l’Ifriqiya dal 663 al 675, poi dal 682 sino alla propria morte.

Verso il 670, gli arabi musulmani fondarono il posto militare di Kairouan, per sostenere la propria campagna militare.

Contro gli arabi lottavano sia le forze bizantine, sia le popolazioni locali d’origini berbere. Diversi storici hanno pensato che Kahina fosse di origini meticce, berbere e bizantine, il che potrebbe spiegare l’enorme ascendente della sua figura.

L’impero della regina Kahina (confini di colore porpora), incentrato sul massiccio montano degli Aurès.

Kahina succedette a Caecilius come capo della guerra delle tribù berbere intorno all'anno 680, al comando dell’esercito schierato contro gli Arabi omayyadi.

Cavallerizza emerita, tirava con l’arco, maneggiava con destrezza la lancia e padroneggiava perfettamente l’arte della guerra.

Quando la Kahina iniziò la propria esperienza politica era già vedova e senza dubbio alquanto avanti negli anni. Dopo avere partecipato alla battaglia contro le truppe del Califfo a Tehuda (683), la Kahina affrontò, alla testa delle sue truppe, i rinforzi arabi inviati da oriente nel 688, sotto il comando del governatore dell’Egitto, Hassan ibn Numan, contro Berberi e Bizantini.

Il combattimento ebbe luogo nel 689 presso il wadi Nini (vicino a Khenchela), gli arabi furoro sconfitti dalla Kahina e successivamente inseguiti fino in Tripolitania (l’attuale Libia). La Kahina fece allora ritorno nell’Aurès, dove adottò uno dei suoi prigionieri arabi, Khalid ibn Yazid.

Hassan Ibn Numan ripartì dall’Egitto e nel 698 conquistò Cartagine ed altre città del Maghreb e rivolse le proprie forze contro la Numidia.

Gli eserciti berbero e arabo si affrontarono presso Meskiana (attuale Bouaghi, Algeria).

Nella valle secca, quasi desertica, Dihya nascose di notte le proprie forze sulla montagna, con cavalli e dromedari, per cogliere di sorpresa le truppe d’Hassan. Quando gli arabi partirono all’attacco, furono accorli da una pioggia di frecce tirate dai berberi, nascosti tra le zampe dei dromedari. I berberi sconfissero gli arabi e li inseguirono sino alla costa, a Gabès. Questa vittoria, chiamata “la battaglia dei cammelli”, permise di espellere gli omayyadi dall’Ifriqyia. Gli arabi si fermarono in Tripolitania per cinque anni. Il luogo dello scontro fu chiamato Nahr Al Bala (il fiume delle sofferenze.

Cosciente del fatto che il nemico era troppo forte e troppo ansioso di compiere la conquista, sembra che Dihya praticasse la politica della terra bruciata davanti all’invasore, ma così si alienò le simpatie d’una parte del suo popolo e perse l’appoggi dei sedentari e degli abitanti delle oasi.

Hassan Ibn Numan chiese rinforzi al califfo Abd Al-Malik, che gli concesse diverse migliaia di guerrieri per riconquistare l’Ifriqyia.

L’ultima battaglia si svolse presso Tarfa, con gravissime perdite per entrambi i fronti. Ne uscì vincitore Moussa Ibn Noçaïr. La regina berbera si rifugiò nell’anfiteatro romano d’El Jem, ma fu uccisa e la sua testa fu inviata al califfo. La Kahina trovò la morte in una località che conserva tuttora il suo nome (Bir al-Kahina, "il pozzo della Kahina").

Secondo le diverse fonti, Dihya sarebbe morta in battaglia, o per suicidio con veleno, per non cadere in mano al nemico. L’anno comunemente accettato in cui ciò sarebbe avvenuto fu il 703.

La sconfitta fu in parte dovuta al tradimento di Khalid, giovane prigioniero arabo, risparmiato da Kahina al wadi Nini, il quale spedì segretamente messaggi ad Hassan per tenerlo al corrente dei movimenti delle truppe berbere.

L’emiro Hassan nominò, dopo la loro conversione all’Islam, il figlio maggiore di Dihya governatore dell’Aurès, e l’altro figlio capo delle milizie djerawa.

Questa alleanza portò con sé quella di numerosi berberi cristiani ed ebrei, che si convertirono in massa all’Islam.

Gli Omayyadi chiesero agli Zeneti di fornire 12.000 soldati per la conquista dell’Andalusia, come condizione per cessare le ostilità in Nord Africa.

La questione della religione della Kahina è stata dibattuta a lungo. Alcuni hanno sostenuto che fosse cristiana, altri la reputano di religione ebraica. Anche secondo Ibn Khaldoun, prima della conquista musulmana del Maghreb diverse tribù berbere praticavano il giudaismo. Tuttavia, certi gruppi di Zeneti erano cristiani. Un’altra ipotesi è che praticasse i riti berberi tradizionali.

Hani ibn Bakur Ad Darisi, in particolare, afferma che la Kahina aveva dei demoni che le porgevano le loro predizioni. Gli arabi la consideravano una strega o una posseduta.

In tutta la regione degli Aurès, il nome Dihya è piuttosto diffuso, presso la popolazione Chaoui.

Il personaggio storico della Kahina è divenuto un simbolo d’indipendenza nazionale e di orgoglio etnico dei berberi, come Massinissa, Giugurta ed altri personaggi che sostennero lotte contro gli invasori.

Pubblicato 28/08/2017 21:31:19