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Liutprand - Associazione Culturale

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Articoli

di Antonino Anzaldi

IL CIELO SOPRA PAVIA


Pavia astrale

Strana figura, quella di Opicino de Canistris. Nato nel 1296 a Lomello, prete, fu alla corte d’Avignone e scrisse a sostegno del papato (De preeminentia spiritualis imperii). Ma – cosa che maggiormente ci interessa – si occupò anche di astrologia e cosmografia. Di lui ci sono rimasti due codici contenenti grandi disegni dall’aspetto di carte geografiche e cosmografiche. Quasi tutti i disegni hanno origine da un cerchio in cui sono inserite figure umane che rappresentano continenti, regioni della Terra e del Cielo. Così, ad esempio, abbiamo l’Europa raffigurata come androgina e l’Africa (“perfida meretrice”) come femmina; non manca un Cristo-macrocosmo nel contesto zodiacale e un Adamo-microcosmo nel petto di Cristo, inviluppante il Mediterraneo antropomorfizzato. Ma c’è anche una raffigurazione del rapporto Pavia-Venezia nell’ambito dell’Italia (la gamba destra dell’Europa androgina) e una rappresentazione del territorio attorno a Pavia. Abbiamo qui un diagramma polare che nel centro ha un cerchio includente una figura coronata seduta, che porta in grembo un bimbo. Si direbbe trattarsi, a prima vista, di una Madonna con Bambino. È, invece, un’allegoria di Pavia (il pargoletto) sostenuta dal Papa (la figura femminile): è Pavia Papae filia, figlia del Papa. Il tutto è contenuto in un cerchio maggiore scandito in 24 settori con i quattro Evangelisti che governano quattro porzioni uguali del cerchio: Matteo-Uomo-Oriente; Luca-Toro-Meridione; Marco-Leone-Occidente; Giovanni-Aquila-Settentrione. E ad ogni Evangelista “spettano” tre segni zodiacali. Ma c'è ancora un altro disegno in cui quattro anelli concentrici vengono a sovrapporsi al centro storico di Pavia, suddiviso in quadrati. E laddove i tre anelli estremi rappresentano la triplice cerchia di mura della città, quello interno realizza una specie di «eclittica urbana» facendo coincidere le principali chiese cittadine con i segni dello Zodiaco. In effetti, come osserva Alberto Arecchi nella sua recente opera Pavia e gli astri (Collana Fiume Azzurro, 1988), è probabile che, divenuta Pavia città cristiana e capitale longobarda, si concepisse di riprodurre la volta celeste con le sue costellazioni principali in una miriade di chiese e di luoghi sacri. Tracce di questo grandioso piano potrebbero essere: la chiesa di Santa Maria Capella, che ha lo stesso nome della stella più brillante della costellazione dell'Auriga, e il cui edificio esiste ancora in una piazzetta lungo via Rezia; Santa Maria in Betlem o “della Stella”, che, per la sua posizione rispetto al centro, potrebbe corrispondere a Sirio; San Pietro in Ciel d'Oro, nel cui edificio romanico, su un capitello delle navata centrale, figura un centauro e che, quindi, potrebbe identificarsi con una stella della costellazione del Sagittario. Tornando a Opicino, però, va notato come egli abbia una conoscenza solo approssimativa dell'astronomia: confonde, ad esempio, l'Aquilo (il vento del Nord) con l'Aquila, attributo dell'evangelista Giovanni, identificabile con il segno dello Scorpione; inverte la linea dei solstizi e quella degli equinozi. Inoltre, come ben osserva l'Arecchi, quello di Opicino è il tentativo a posteriori di dare un'interpretazione celeste a una città che ormai si è sviluppata seguendo altre regole, seguendo altri schemi che non quelli «tradizionali» di fondazione e sviluppo di un centro abitato. Non v'è dubbio, in effetti, che nelle antiche civiltà (quella indù, quella greca, quella romana) la configurazione della città segue leggi simboliche: tonde o quadrate le mura (e, ancor prima, il solco, il disegno sul terreno su cui sorgeranno); o tonde e quadrate insieme, perché il cerchio viene «quadrato» o «squadrato», cioè diviso in quattro parti, da due assi perpendicolari (il cardo e il decurnanus dell'accampamento romano). E le figure del cerchio e del quadrato orientati sono di immediato significato cosmologico e hanno successive connotazioni di carattere rituale e sociologico. Né pare dubbio che il dato simbolico comune agli insediamenti del tipo «quadrato nel cerchio» consiste in una progressiva accumulazione di caratteri sacri verso il centro. E questo - sia detto incidentalmente - non lo affermano solo “esoteristi” e storici delle religioni, ma anche, ad esempio, Paolo Marconi, docente alla facoltà di architettura dell'Università di Roma. Non mancano, poi, vestigia di cinte urbane antiche organizzate secondo il principio della tripartizione anziché della quadripartizione (specie in area medio-orientale). Ma resta il fatto che sia il sistema ternario sia quello quaternario presuppongono, a monte, un'operazione di orientamento, secondo le principali direzioni astronomiche e ciò prova che in entrambi i casi si è “speculato” sul tema della collocazione della città in rapporto al cosmo. E - attenzione - sia la tripartizione, sia la quadripartizione, e cioè sia il triangolo equilatero sia il quadrato, sono in grado di ripartire in settori uguali tra loro il cerchio in cui si concreta il simbolo dell'orizzonte cosmico, anche è soprattutto quando esso sia ripartito in dodici settori, che sono poi quelli zodiacali. Come riconosce ancora l'Arecchi, riguardando una pianta di città o una carta del territorio alla luce del simbolismo tradizionale, può accadere di scoprire disegni insospettati.

oroscopi di Pavia

Ora, al di là delle indicazioni di Opicino, il nucleo, il nucleo originario quadrato dell'antica Ticinum (il primo nome di Pavia) sembra potersi identificare, per l'Arecchi, in un quadrato corrispondente alla parte sud dell'attuale Piazza della Vittoria (fra corso Cavour e il Broletto) e ai blocchi di edifici compresi fra questa e la Strada Nuova. Centro della città antica, non sarebbe l'incrocio oggi chiamato «Demetrio», ma l'incrocio della Torre Civica, ove via Bossolaro si immette nella piazza del Duomo. L'asse Nord-Sud corrisponderebbe all'asse zodiacale Sagittario-Gemelli, spostato di quindici gradi rispetto al Nord astronomico (Capricorno); e l'asse Est-Ovest, chiaramente, sarebbe, allora, l'asse Vergine-Pesci. Questi assi potrebbero corrispondere, ritiene l'Arecchi, al Medio-Cielo-Fonclo-Cielo e Ascendente-Discendente, dell'oroscopo di nascita della città. Ma quando sarebbe avvenuta questa nascita? Il medesimo autore, facendo riferimento a un «moderno programma informatico di ricerca astronomica» che avrebbe usato, individua, come possibili date di fondazione di Ticinum, il 27 febbraio dell'89 a.C. ore 7 e 16' e il 19 ottobre 89 a.C. ore 6 e 50'. Date ottenute tenendo conto delle differenze calendariali dovute al passaggio dal calendario giuliano a quello gregoriano. L'importante - citiamo testualmente l'Arecchi - «è che tali date corrispondano con precisione ai giorni in cui il Sole sorgeva con l'azimut richiesto e appariva all'orizzonte esattamente in fondo al «cannocchiale» costituito dal decumanus della città». Nel primo caso (27 febbraio) abbiamo Ascendente, Sole, Mercurio e Marte in Pesci; Giove in Ariete; Saturno in Gemelli; Luna in Scorpione; Venere in Acquario. Nel secondo caso, invece, quello del 19 ottobre, Ascendente, Sole, Mercurio e Venere sono in Scorpione; Giove è in Toro; Saturno e Luna in Gemelli; Marte in Leone. Temi, invero, piuttosto diversi che, nel libro dell'Arecchi, sono interpretati (insieme a molti altri) da Sergio Mazzucchi. Lasciamo al lettore che sa di astrologia ogni considerazione in proposito. Da parte nostra rileviamo soltanto i numerosi riferimenti alla medicina presenti in questi oroscopi; riferimenti che, peraltro, come avvisa Arecchi, «non derivano da una improvvida “interpolazione" con le attività dell'attuale Policlinico... ma, piuttosto, crediamo che facciano riferimento all'abbondanza di acque utilizzate per scopi termali». Tra l'altro, un edificio che potrebbe essere stato un complesso termale è risultato da scavi fatti sotto la chiesa di San Tommaso, in un luogo molto importante perché la leggenda di fondazione della città, riportata da Opicino de Canistris, vi colloca il punto dove si posò una colomba che indicava ai fondatori il luogo prescelto. Altre terme esistevano in luoghi che il cristianesimo ha riconsacrato a San Giovanni: a San Giovanni Domnarum, a San Giovanni nelle Vigne (San Giovannino, dov'è attualmente il cimitero maggiore) e probabilmente dietro al Duomo, dove sorgeva il Battistero, verso piazza Cavagneria. Ma, a proposito del Duomo, va ricordato come, nel libro dell'Arecchi, vi sia l'oroscopo anche di questo. In questo caso la data di «nascita» era conosciuta. Riporta infatti monsignor Gianani (che scrive nel 1932): «Verso le ore 11 (del 29 giugno 11488), il Cardinale Ascanio Sforza, vescovo di Pavia, assistito dal nipote,duca di Milano Gian Galeazzo, da Ermete Sforza, fratello di questo, da Ludovico il Moro, fratello suo, dagli Arcivescovi di Milano e di Genova... e da una folla immensa, poneva solennemente la prima pietra... le si unirono due ampolle contenenti l'una vino rosso e l'altra olio, con mistica significazione». Il tema di nascita, steso appunto per le ore 11 del 29 giugno 1488 presenta il Sole in Cancro, l'Ascendente in Vergine, Saturno in Sagittario, Luna in Acquario, Giove in Pesci, Marte in Ariete, Venere in Toro, Mercurio in Gemelli. Ma un altro monumento pavese ricco di misteri è la Basilica di San Michele Maggiore o San Michele. Anche qui si pone il problema della data di nascita. Gli studiosi sono concordi solo nell'attribuire la ricostruzione dell'edificio, così come si vede ora, al XII secolo. Quanto alla costruzione primitiva, si narrava che fosse stata edificata dall'imperatore Costantino dopo la sua conversione; ma si tratta assai probabilmente di una leggenda. La maggior parte degli studiosi tende a collocarla nel periodo longobardo e a identificare la basilica con una delle diverse chiese dedicate a San Michele, citate dai documenti dell'epoca. Molte chiese, in effetti, furono dedicate all'Arcangelo dopo la fine del V secolo, quando avvenne la sua apparizione sul Monte Gargano. E i re longobardi gli divennero particolarmente devoti dopo una sua altra apparizione che.li aiutò nella battaglia di Siponto contro i Saraceni, l'8 maggio del 663. Il primo documento che si riferisca con certezza alla basilica, peraltro, è un diploma dei re Ugo e Lotario del 943. Sia la dedica all'Arcangelo Michele che l'insistere sull'origine costantiniana, poi, potrebbero essere intesi, osserva l'Arecchi, come operazioni "esaugurali", cioè volte a promuovere il culto cristiano su un luogo dedicato a riti di una religione precedente. D'altra parte, viene da chiedersi come mai, nella capitale del regno longobardo, nella quale ogni re si faceva vanto delle chiese fondate e dei monasteri istituiti, si potesse sviluppare per la basilica di San Michele la tradizione di una fondazione costantiniana. Non va escluso, in proposito, il tentativo di rifarsi, coi richiamo a Costantino, a una tradizione romana e imperiale. Del resto, nella basilica, non venivano incoronati i re longobardi (per i quali la cerimonia dell'incoronazione non esisteva), ma quelli del Regno italico. La tradizione riporta i nomi di Berengario e Adalberto (24 dicembre 950), Arduino d'Ivrea (15 febbraio 1002), Enrico I (15 maggio 1004) e Federico I Barbarossa (17 aprile 1155). La sede delle incoronazioni doveva essere la chiesa precedente all'attuale. Nel presbiterio della basilica, peraltro, abbiamo ancora parte di un mosaico pavimentale della fine del XII secolo che può essere ricostruito grazie all'esistenza di alcuni disegni antichi che ne mostrano le parti perdute. Abbiamo un labirinto (con al centro il Minotauro) circondato da quattro immagini simboliche. E, da un lato, l'Anno, in veste di imperatore seduto in trono, circondato dai dodici mesi. Il ciclo dei mesi è un motivo frequente e però, in questo caso, c'è una particolarità. Un disegno conservato nella Biblioteca Vaticana, infatti, mostra co­me il primo mese a partire da sinistra era dicembre, cui seguiva novembre e poi, in fila, gennaio, febbraio, marzo, aprile, l'anno, maggio, giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre. Ora, la serie dei mesi comincia correttamente con dicembre, dato che a Pavia, in quel periodo, l'anno faceva cominciare a dicembre, col sol­stizio d'inverno. Dopo dovrebbe seguire gennaio e invece c'è novembre. Osserva l'Arecchi che non è possibile pensare che questo spostamento dipenda da un banale errore, dato che la basilica era troppo importante perché si lasciasse senza correzione una tale svista, per cui si potrebbe trattare di qualcosa di voluto. In effetti, dice sempre l'Arecchi, lo spostamento di novembre fa slittare d'un po­sto tutto l'ordine dei mesi e pone maggio in posizione privilegiata, al fianco sud, dell'anno-imperatore. E maggio è il mese della Madre Celeste, sotto il segno del Toro (nel cui sacrificio a opera di Mitra si può vedere una prefigurazione del sacrifi­cio del Cristo); ma è anche il mese in cui si celebrava la vittoria longobarda di Siponto, ottenuta grazie all'apparizione dell'Arcangelo Michele cui la basilica è dedicata. Ecco, quindi, il motivo dello spostamento di un mese. Il discorso, pe­rò, non ci persuade. Infatti, se la serie dei mesi, sempre cominciando da dicembre, seguisse l'ordine naturale, a dicembre seguirebbe gennaio (invece di novem­bre), poi febbraio, marzo, aprile; e mag­gio verrebbe ancora, anche in questo ca­so, a trovarsi accanto all'Anno-imperato­re. Anzi, a parer nostro, sarebbe in una posizione di maggiore privilegio, perché alla destra dell'anno-imperatore. Comun­que sia, l'asse principale della chiesa at­tuale è orientato, grosso modo, verso ovest, nella direzione del tramonto del Sole, con un certo spostamento in dire­zione oraria, rispetto alla chiesa più anti­ca. E, dice sempre l'Arecchi, l'8 maggio (o, secondo gli anni, giorno più, giorno meno) gli ultimi raggi del Sole al tramon­to disegnavano in fondo all'abside la luce delle finestre della facciata «con quella croce tipica delle chiese romaniche pa­vesi, che somiglia tanto al collimatore di un mirino, e che si proiettava proprio al centro della "tazza" absidale». E perché escludere, a questo punto, che l'8 mag­gio fosse stato il giorno di fondazione della basilica? Ma di quale anno? Sem­pre grazie al già ricordato sistema infor­matico di ricerca astronomica, l'Arecchi ha individuato ben 24 anni «possibili» e 10 anni «probabili» (tra il 1118, anno di distruzione della prima basilica a opera di un terremoto, e il 1180). Ci sembrano, francamente, un po' troppi per essere probanti o solamente... indiziari. Resta comunque il fatto che, trattandosi sempre dell'ora del tramonto (ore 19 e 35'), l'Ascendente cade in tutti i casi in Scorpione; quello Scorpione che, essendo anche Aquila (l'Aquila, come si sa, è la «faccia sublime» dello Scorpione), potrebbe significare il potere imperiale. Bene. Che dire di tutto questo? Quali conclusioni trarre da questo discorso? Si tratta di vaneggiamenti? Di voli pindarici? Non proprio. Si tratta di ipotesi, più o meno fondate; di tentativi di leggere quanto ci hanno lasciato gli antichi, in un linguaggio che richiede, per essere compreso, l'applicazione di un codice del tutto particolare. È certo, infatti, che la scelta delle forme, anche quelle più legate all'uso comune, nelle civiltà tradizionali non è mai riducibile a pure esigenze tecniche. Guardiamoci intorno e meditiamo.

Astra, agosto 1989.

Pubblicato 19/03/2008 09:59:43