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Liutprand - Associazione Culturale

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Articoli

di Alberto Arecchi

LOMELLO - LAUMELLUM


Lomellina

Lomello è una località molto affascinante. L’antico borgo sorge sulla riva destra del torrente Agogna. Chi venga da nord (da Velezzo), costeggiando la valle del corso d’acqua, giunto all’incirca all’altezza del cimitero scopre l’aspetto dominante dell’antica rocca, con la rossa facciata della Basilica di Santa Maria Maggiore che si erge alta sui resti delle mura.

«... Lomello, paese di leggende e di sogni, dove le ombre del passato si riflettono nel grigiore rossastro delle sue chiese e delle sue mura... Lomello fu capitale della Lomellina - cioè della campagna insubre - sino all’invasione celtica di re Belloveso del VI sec. a.C. Da qui in poi gli subentrerà la capitale gallica di Cottiae (che durerà con tale prerogativa oltre il V sec. d.C.)».

(POLLINI)

Il nucleo abitato si sviluppò lungo una delle grandi arterie stradali costruite o consolidate dai Romani: la strada che puntava verso l’attuale Francia (Gallia). Tolomeo, bel sec. II d.C., indicò Lomello, insieme a Vercelli, in una delle sue carte geografiche; non è fuori luogo l’affermare che la sua fondazione fosse avvenuta verso la fine della Repubblica Romana (intorno agli anni della nascita di Cristo).

Il Battistero e Santa Maria Maggiore

LOMELLO NEL MEDIOEVO

«Se borgo d’importanza era Lomello sotto il dominio romano, a maggiore lustro crebbe sotto il dominio dei re longobardi; che, avendo lor regia sede in Pavia, scelsero a temporaneo soggiorno, e quasi a villeggiatura, questo paese, decorandolo del titolo di città, e munendolo di impor­tante castello e di valide mura. Qui risiedeva il “graf“ o conte, ed era Lomello capo­luogo del “gau” (contado) longobardo».

(POLLINI)

Secondo Zucchi, il graf o conte longobardo era a capo d’un reparto di mille uomini, ossia di dieci sculdahis (sculdasci) di cento uomini ciascuno.
La regina Teodolinda, vedova del re Authari, nel novem­bre del 590 incontrò e - secondo la leggenda - sposò a Lomello Agilulfo, duca di Torino, che la sovrana si era scelta come secondo marito ed aveva innalzato alla dignità di re dei Longobardi.
L’episodio dell’incontro è riferito dal cronista Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum, mentre nulla di certo si conosce sulla cerimonia delle nozze, se non un’antica leggenda che le vuole celebrate nella Chiesa di Santa Maria Maggiore. Paolo Diacono non dice neppure che il matrimonio abbia avuto luogo a Lomello. Un’altra cronaca longobarda, dovuta allo storico Fredegario, narra la vicenda della regina Gundiperga, figlia di Teodolinda, rinchiusa per tre anni in una torre della rocca di Lomello dal marito Arioaldoo, per presunto adulterio e liberata grazie al primo “Giudizio di Dio” celebrato in Italia.

Il massimo potere dopo il re era quello di Conte del Palazzo reale di Pavia, cioè giudice supremo per le cause in appello. Nel 990 divenne conte di Lomello Cuniberto, capostipite della potente famiglia dei Conti Palatini, che per circa due secoli rappresentarono in Italia il potere imperiale nell’amministrazione della giustizia. Secondo lo storico Giulini i conti palatini di Pavia, scacciati dalla città, si stabilirono a Lomello verso il 1018. Essi costruirono, o ricostruirono, il castello e forse animarono la ricostruzione della chiesa di Santa Maria, poiché l’edificio esistente appartiene a tale epoca. Dopo la distruzione del Palazzo reale di Pavia nel 1024, i conti scelsero come residenza la rocca di Lomello. Nel 1107 il papa Pasquale II passò da Lomello, lungo la strada dalle Alpi a Pavia. In tale occasione concesse una bolla in favore della chiesa di Santa Maria. Secondo una cronaca milanese, il castello di Lomello fu conquistato dai Pavesi nel 1118. In una data incerta, tra il 1145 ed il 1155, Lomello fu presa dai Pavesi con la frode, fu distrutta e i suoi difensori vennero imprigionati. La città fu ricostruita dai Milanesi nel 1157. Nel 1164 l’imperatore decretò che Lomello non dovesse mai più essere ricostruita. Ciò sembra implicare che il castello fosse stato nuovamente distrutto, dopo la ricostruzione fattane dai Milanesi nel 1157. Lo storico Portalupi afferma che nel 1174 i soldati del Barbarossa distrussero Lomello mentre marciavano all’assedio d’Alessandria. Egli aggiunge che la chiesa di Santa Maria, distrutta in quest’epoca, fu ricostruita coi vecchi materiali dallo stesso Imperatore, per penitenza imposta dal papa Alessandro III. Rimane un mistero da dove lo storico del sec. XVIII abbia tratto tale riferimento, ma il sospetto che egli possedesse qualche fonte di una qualche attendibilità, oggi perduta, nasce da due fatti. Il primo è che la chiesa di Santa Maria mostra di essere stata non ricostruita, ma riparata, verso la fine del sec. XII. Il secondo è il ricordo tradizionale che Lomello sia stata distrutta dal Barbarossa. Una grande statua di stucco, visibile in alto, prima dei restauri, al di sopra delle volte che coprivano la chiesa, era chiamata col nome dell’Imperatore e si diceva eretta in ricordo della ricostruzione della chiesa da lui compiuta.

Nel 1191 Enrico IV ordinò che Lomello non dovesse essere più ricostruita. Ciò sembra implicare che la città fosse stata distrutta dal Barbarossa, ma non è sicuro che fosse mai stata ricostruita dopo il 1164.
La chiesa di Santa Maria Maggiore è menzionata in una lista di tasse del 1192. Questo fatto prova che la chiesa esisteva a tale epoca, benché il castello, e fors’anche la città, fossero in rovina. Non esiste invece la minima ragione per supporre che la chiesa abbia mai sofferto una distruzione completa, nel corso delle molte vicissitudini subite dalla città e dal castello. Era costume nel Medioevo risparmiare scrupolosamente chiese e monasteri pur quando le città venivano rase al suolo, e ciò accadde in Lombardia nella distruzione delle città di Como (1127), Lodi vecchio (1158), Milano (1162) e Castel Seprio (1287). Quando Isola Comacina fu distrutta nel 1169, i Comaschi furono colpiti da scomunica perché avevano bruciato le chiese. Insomma sembra vero che a Lomello la chiesa di Santa Maria scampasse alla distruzione del castello e della città, dovendo soffrire solo qualche danno, che si poteva facilmente riparare senza una ricostruzione integrale dell’edificio.
La potente consorteria nobiliare dei Conti si frantumò nel 1155, quando l’esercito di Pavia cinse d’assedio Lomello, occupò la rocca e la distrusse. I conti si dispersero nei vari centri della Lomellina, dando origine a nuove famiglie nobili. L’Imperatore Federico I Barbarossa confermò i loro possedimenti, che mantennero per un altro secolo e mezzo, nonostante le continue lotte contro i milanesi. Nel 1200 e ancora nel 1213, la città fu distrutta ed incendiata da quegli stessi Milanesi che l’avevano ricostruita mezzo secolo prima.

assonometria

Assonometria di Santa Maria Maggiore e del Battistero (dis. A. Arecchi, 1971).

IL BATTISTERO DI SAN GIOVANNI AD FONTES

Il Battistero di San Giovanni ad Fontes è uno dei più antichi in Lombardia; fu eretto fra il sec. V ed il VI, la parte superiore fu aggiunta nel sec. VIII. È costituito da un corpo centrale ottagonale, sul quale si aprono quattro vani rettangolari, che gli conferiscono una pianta a croce, alternate ad altre quattro nicchie - o absidi - a ferro di cavallo. Sulla cupola si aprono, una per lato, otto finestre, fian­cheggiate all’esterno da piccole nicchie a timpano. Al centro del tetto si eleva una piccola lanterna (di costruzione posteriore, come è stato detto), ornata da monofore e bifore.
All’interno, al centro, si trova l’antica vasca battesimale, a forma di esagono irregolare, larga circa due metri. Essa presenta resti dell’originale decorazione dipinta sui muretti perimetrali ed una croce color cinabro con la scritta piscina, sul pozzetto semicircolare destinato a contenere l’acqua santa. La vasca serviva, probabilmente, ad un rito battesimale per aspersione, immediatamente successivo a quello per immersione, abbandonato in Italia sin dal sec. VI.
Accanto alla vasca si trova la metà destra di una stele funeraria romana, mentre in un’abside sono visibili resti dell’originaria pavimentazione a piccole piastrelle esagonali.

LA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE

La prima menzione della chiesa di Santa Maria Maggiore si trova in una lettera del vescovo di Pavia, che data circa al­l’anno 1000. Il vescovo convoca il suo clero a un sinodo a Pavia e ordina a uno sconosciuto abate di diramare la lettera per omnes plebes suprascriptas id est: Laumellum, Carium, Basserium, ecc. Dunque la chiesa, a quell’epoca, era pieve.
La Basilica attuale fu costruita probabilmente fra il 1025 e il 1040 sui resti di una precedente costruzione (e, secondo molti studiosi, fu ingrandita all’epoca dell’Imperatore Federico I Barbarossa, sull’area dell’antico Castello da poco distrutto). La chiesa di Santa Maria Maggiore ebbe una straordinaria importanza nel sec. XII; godette di speciali privilegi e favori concessi dall’autorità apostolica.
Un aspetto interessante di questa chiesa è il fatto che la facciata fa parte delle fortificazioni. Non ci troviamo, in senso stretto, in presenza di una chiesa fortificata... A Lomello la chiesa era solo incorporata col castello, parte del muro del quale costituiva la sua facciata... È facile così comprendere come il castello possa essere stato distrutto senza necessariamente recar danno alla chiesa. Il fatto che la facciata formasse parte delle fortificazioni spiega alcuni fatti che altrimenti sarebbero incomprensibili. Per tale ragione la facciata formava un angolo rispetto all’asse della chiesa, che diede luogo alle pittoresche irregolarità di pianta che rendono caratteristica la costruzione; perciò una scala e un passaggio furono inclusi nel muro della facciata.

(A. K. PORTER)

La Basilica, con la parte anteriore scoperchiata e parzial­mente rovinata, si presenta come un rudere dalle grandi arcate, appoggiato all’antico muro di cinta di epoca romana, e incorpora anche le rovine d’un antico torrione di quel muro, in un insieme molto scenografico. La vecchia facciata poggia sull’antica cinta muraria e mostra nelle partiture una parte della base dell’antica torre campanaria. I fianchi e le facciate del transetto sono ornati da lesene e da archetti pensili, mentre l’abside maggiore, rivolta a levante, è coronata da piccole nicchie “a forno”.
L’edificio, lungo m 60 e largo m 19, è a pianta basilicale, con navate asimmetriche ed un transetto lievemente sporgente. L’asimmetria della pianta fa si che la posizione dei pilastri di un non corrisponda a quella dell’altro, che le arcate a tutto sesto si disuguali e che i grandi archi trasversali, lanciati sulla navata centrale, non siano fra loro paralleli. Questi ultimi sorreggevano l’originaria copertura lignea della navata centrale, mentre nelle navate laterali compare già la volta a crociera, tipica dello stile romanico lombardo.

L’interno, spogliato di volte, stucchi e dipinti barocchi dai restauri degli anni Cinquanta, è illuminato da piccole finestre a tutto sesto; in alto, si notano scarsi avanzi dell’originaria decorazione a stucco, che ornava l’intera navata centrale; altri stucchi sono conservati nella vicina Canonica. Un interessante frammento delle antiche decorazioni, con una croce e due protomi umane, è murato all’esterno dell’abside. Sotto l’abside si apre una cripta con colonne e capitelli di rozza fattura, che fanno pensare ad una costruzione abbandonata o all’abside della chiesa preesistente.

Nel 1718 le absidiole furono distrutte e l’abside maggiore fu rifatta più alta, come prova la data scritta nel cornicione. Esistono ancora, tuttavia, tracce delle antiche absidiole... Probabilmente fu sempre nel sec. XVIII che la dimensione della chiesa fu materialmente ridotta, con l’erezione di una nuova facciata all’altezza della terza coppia di pilastri a partire da ovest. Le tre campate occidentali dell’edificio originale, rimaste al di fuori della nuova chiesa, non furono distrutte, ma si lasciò che cadessero nel pittoresco stato di rovine in cui oggi le vediamo... Nell’angolo sud-ovest della vecchia navata, fu eretto un nuovo campanile per sostituire il vecchio, le cui rovine si possono ancora vedere nella prima campata occidentale della navatella sud. Dopo essere stato accorciato, l’edificio fu oggetto d’un vero e proprio restauro che nascose - senza per fortuna distruggere - l’antica costruzione... La navata fu coperta con una pesante volta a botte. una volta a crociera fu eretta sull’incrocio e l’interno fu rivestito di stucco, vistosamente dipinto in verde e oro. Fra il 1907 e il 1909, secondo l’iscrizione nel muro occidentale della chiesa, l’edificio fu ancor più danneggiato da una cappella a nord, veramente orribile, e dall’aggiunta di dipinti alquanto in disarmonia con le linee semplici ma imponenti della struttura originale.

(A. K. PORTER)

I restauri compiuti nel corso degli anni ‘50 hanno restituito in gran parte all’edificio le forme romaniche, ma hanno eliminato alcuni elementi importanti, quali i pilastrini di legno che reggevano le travi del tetto, nei loro punti d’appoggio sui muri laterali, e i frammenti di stucchi che decoravano ancora la parte alta della navata centrale. Una parte di questi stucchi è conservata oggi nell’adiacente Canonica.

assonometria 2

Santa Maria Maggiore - L’assonometria mostra gli stucchi
e le colonnette di legno, che esistevano prima dei restauri
nella parte alta della navata maggiore (dis. A. Arecchi, 1970).

 

SCHEDA BIBLIOGRAFICA

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Pubblicato 19/03/2008 09:59:48