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Liutprand - Associazione Culturale

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Articoli

di Alberto Arecchi

RINASCONO I COLORI DEL MEDIOEVO PER SAN MICHELE DI PAVIA


PAVIA - Da tempo è noto che alcuni bassorilievi della chiesa di San Michele conservano tracce di colorazioni originali. L’esempio più importante, spesso citato, è l’immagine di Sant’Ennodio che sta in alto, sulla parete orientale del braccio nord della chiesa, sopra l’attuale nicchia del fonte battesimale.

Il bassorilievo che raffigura Sant’Ennodio, non molto noto perché è sempre nell’ombra.

In diverse occasioni, durante i vari lavori di restauro compiuti nel corso degli ultimi decenni, sono apparse colorazioni in altre parti della chiesa. Ricordiamo i fondi rosso-scuro (ormai virati al rosa) della lunetta esterna del portale nord in piazza Azzani.

Questa è una ricostruzione cromatica del portale nord, ma si noti che i fondi rossi sono ricomparsi nei lavori di qualche decennio fa.

In tempi recenti è stata evidenziata, grazie all’uso di tecniche d’avanguardia, la colorazione dell’architrave della scala d’accesso nord alla cripta.

Di tale particolare non offriamo qui la foto, ma invitiamo i lettori pavesi ad andare a vedere i colori ricomparsi, nella speranza che resistano ai possibili danni del tempo.

È meno noto il fatto che diversi capitelli e diverse cornici mantengono consistenti tracce di colorazioni, in luoghi più protetti, come certi capitelli dei loggiati alti (matronei), soprattutto nelle posizioni arretrate lungo i muri perimetrali, e la cornice sottostante la tazza absidale, la quale ha rivelato ancora la ricca presenza di colori, forse originari e comunque di epoca antica. Dalle rilevazioni fotografiche eseguite da vicino, appare con chiarezza che la superficie litica era ricoperta da diversi strati o manti di “preparazione” e che gli strati più antichi conservano ancora importanti tracce di colore. Al di sopra, con grande probabilità, furono stesi ulteriori strati di scialbo bianco/grigiastro, quando i colori del Medioevo cominciarono ad apparire troppo vivaci per i gusti estetici mutati.

Ora, le osservazioni combinate, sviluppate nel tempo sulle murature della Basilica, ci hanno convinti che in origine l’intero paramento murario, sia all’interno sia anche all’esterno, dovesse essere protetto da una sorta di preparazione (un rivestimento a protezione della pietra), sul quale era inoltre presente una ricca decorazione policroma.

A sostegno di tali considerazioni, si osservi in particolare la campitura sinistra della facciata principale. Qui, come in altre zone della chiesa, all’esterno, oltre e diverse pezzature irregolari dei massi d’arenaria, appare la presenza di pietre di recupero: marmo, granito e persino un paio di sarcofaghi di età romana, ben riconoscibili.

Come è risaputo, nel sec. XII l'edificio fu realizzato, soprattutto all'esterno, con blocchi d'arenaria cavata dalle falde del Monte Zavo, tra Santa Giuletta e Corvino San Quirico, nelle colline dell'Oltrepò Pavese. Tale arenaria, se esposta a nudo, non resiste a lungo all'esposizione alle intemperie del clima padano e i bassorilievi delle fasce scolpite si sfaldano, così come le lesene sporgenti e altre decorazioni. Tuttavia nella facciata, oggi scrostata in pietra vista, si notano bene le pietre di colore diverso dall’arenaria, messe in posizioni del tutto casuali, o addirittura vecchi sarcofaghi romani riutilizzati con funzione di “pietre angolari”.

La pietra arenaria ha suscitato molti commenti, fra gli scrittori dell’ultimo secolo.

Commenti che vanno da un mistico ardore poetico, che ammira le “calde tonalità della pietra arenaria”, soprattutto al tramonto, sino a impietosi commenti sull’uso della stessa pietra, troppo tenera, a giudizio di chi ne scrive, per resistere all’aggressione dei secoli…

Siamo invece giunti a convincerci che l’intera superficie fosse in origine rivestita da un manto protettivo e che l’uso dell’arenaria, tenera e facilmente lavorabile, non comportò alcun problema per gli artisti del sec. XII, poiché permetteva anzi di realizzare figure di fine intaglio, per poi rifinirle e proteggerle con un leggero strato di latte di calce colorato, che poteva anche contenere piccoli granuli di sostanze inerti particolarmente dure (verrebbe da pensare alla polvere di marmo, ma attenzione… in assenza, per il momento, di analisi chimiche e mineralogiche che appoggino tale ipotesi).

In ogni caso, il Medioevo era amante dei colori, e dei colori vivi, come recentemente si sono convinti anche gli studiosi del Gotico francese.

(v. il sito che mostra la Cattedrale di Reims con la ricostruzione degli antichi colori).

Maastricht (NL).

Il portale sud (gotico) della Cattedrale di St. Servatius.

Era consuetudine dipingere a vivi colori i monumenti, sin dall’Antichità, e le immagini dei templi greci e romani eretti con nudi marmi bianchi appartengono ad una visione distorta che noi, uomini moderni, abbiamo mutuato dal gusto neoclassicista.

(v. scheda didattica sui colori nell’Arte antica).

Le immagini stesse raffigurate sui muri del San Michele, e legati all’universo simbolico della regalità, dovettero riuscire ben presto incomprensibili al mondo del Basso Medioevo. La nostra Basilica, una volta ricostruita, ospitò un’unica incoronazione regale (quella di Federico I Barbarossa, nel 1155). Dopo di che, le vicende urbane furono prospere, ma le strutture socio-politiche divennero quelle di un libero Comune. La rossa Pavia del sec. XIII dovette abbandonare l’ammirazione per questa Basilica, ormai inutile, mentre gli Ordini predicatori (Francescani, Domenicani, Carmelitani…) andavano erigendo le loro chiese e predicando al popolo un’evangelizzazione ben distante dal simbolismo iniziatico della corte regale.

Così si ridusse l’importanza attribuita a questa chiesa, e si lasciò che le sue pietre rimanessero senza alcuna protezione, una volta che gli elementi naturali avevano svolto la propria opera.

Sino a che, nel sec. XV, avvenne il crollo della prima volta della navata centrale, con gravi rischi di distacco dell'intera facciata, e l’intero edificio fu sottoposto a consolidamenti e ad un rinnovamento architettonico, di cui si possono bene studiare le modalità nell’organismo attuale. In quel periodo i matronei divennero uno spazio “inutile” e la navata fu oscurata per il tamponamento delle finestre laterali. In quel periodo, altresì, si pensò di attenuare anche all’interno, ove rimanevano, i vividi colori del Medioevo, rivestendo anche i capitelli dei pilastri con calce biancastra e – forse - dorature nelle cornici.

Le sculture esterne erano ormai in gran parte prive d'ogni protezione e l'arenaria fu lasciata scoperta, esposta agli elementi. Così, dalla documentazione - disegni e foto - del sec. XIX si può rilevare che praticamente tutti i bassorilievi, sino ad altezza d'uomo, erano già ridotti in polvere. Ai lati dei portali, essi furono "rinnovati" in occasione dei restauri, dopo il 1860.

Così, all'esterno del monumento, la quantità delle figurazioni scomparse e/o sostituite è tale da rendere ormai impossibile la decifrazione dei simbolismi del loro contesto d'insieme... quella decifrazione che - secondo una tradizione riferita nel sec. XVII - fu ancora possibile alla regina Maria Cristina di Svezia, quando passò in visita per Pavia (v. P. ROMUALDO, Flavia Papia Sacra, Pavia, 1699).

Solo alcuni bassorilievi particolari resistettero, o perché protetti dagli incavi dei portali oppure perché, sino a pochi anni fa, erano ricoperti da uno strato nerastro, che si può ormai solo presumere fosse un trattamento protettivo con cera d'api, spalmata per preservarli in nome del particolare valore che avevano per la religiosità popolare. Tale "protezione" è stata però recentemente rimossa, né risulta che ne sia stata analizzata la composizione. Così oggi anche queste sculture sono sottoposte all'aggressione meteorologica della pietra nuda, in nome dei tanto conclamati "restauri" che si pretende di effettuare con cadenza decennale.

Svilupperemo ulteriormente una tale analisi, sia per quanto riguarda l’organismo primitivo romanico, sia per la policromia dei rilievi scolpiti. Per ora, proviamo anche soltanto ad immaginare quale potesse essere la livrea variopinta della nostra chiesa…

L’angolo sud della facciata principale.

L’Arcangelo sul grande portale centrale.

I capitelli di sinistra del portale principale.

I babuini a guardia del portale principale.

Una Sfinge, sul lato del portale principale.

La porta sud, o Porta dei Re.

L’Annunciazione, sul lato sud.

Madonna col Bambino.

Sirene bicaudate, a sinistra da un portale di San Michele, a destra da San Giovanni in Borgo.

(Civici Musei di Pavia).

… alla prossima puntata!

Pubblicato 12/12/2014 23:59:13