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Articoli

di D. Rodolfo Maiocchi

IL BORGO E LA CHIESA DI S. APOLLINARE, A PAVIA


Fuori di Porta Garibaldi, in mezzo ai prati che si distendono alla sinistra di chi esce dalla città, fra le chiese di San Guglielmo, di S. Giovanni delle Vigne e di S. Giacomo, cioè quasi di fronte all’odierno baluardo della Botanica o di S. Epifanio, sorgeva la chiesa con l’annesso monastero di S. Apollinare. Era circondato da molte abitazioni che costituivano uno dei sobborghi della città, denominato dal Santo a cui la Chiesa era dedicata. Voleva la tradizione che in essa riposassero le reliquie del Santo Pastore di Ravenna, tolte dai Pavesi a quella città; ma il possesso del corpo del suo Patrono non si può seriamente disputare alla antica città degli Esarchi.

La zona in cui sorgeva il popoloso Borgo di Sant’Apollinare.

L’Anonimo Ticinese, dettoci che a’ suoi tempi S. Apollinare era parrocchia, e che il suo monastero era abitato da monaci neri, cioè dai Benedettini, scrive, seguendo i più antichi cataloghi dei Santi, che in S. Apollinare erano le sole reliquie di S. Bovo, trasportatevi da Voghera; del corpo di S. Apollinare egli nulla conosce né afferma.

La più antica notizia riguardante S. Apollinare è quella dataci dal Parata, che scrive della sepoltura del nostro Vescovo Rinaldo in claustro S. Apolinaris extra Urbem Papiae: Rinaldo morì nel 1056.

Si dice comunemente che in questo Monastero fissasse la sua residenza l’Arcivescovo di Ravenna quando recavasi a Pvia ai sinodi del nostro Vescovo, o meglio per le Diete del Regno d’Italia; ma di ciò non abbiamo alcuna positiva testimonianza. Documenti del 1370 ci fanno sapere che essendosi ridotta quasi a nulla la comunità religiosa di S. Apollinare, l’istituto fu eretto in Commenda, concessa al pavese Giorgio Cattaneo, e passata nel 1405 a Luchino Beccaria che la tenne per pochissimo tempo, sapendosi che il beneficio abbaziale di S. Apollinare passò ai 26 gennaio 1408 al Cardinale Rinaldo Brancaccio per la morte di Tommaso Pezzani che prima ne era investito. Al Brancaccio successe nel 1422 il noto Cardinale Branda Castiglioni, il quale tanto fece che Papa Eugenio IV nel 1423 soppresse del tutto l’abbazia e ne donò le entrate al Collegio Castiglioni per la fondazione del quale si adoperava il Cardinale.

Con Bolla dello stesso anno il Pontefice concedeva gli edifici di S. Apollinare ai frati predicatori (Domenicani), che tosto vi si stabilirono, ajutati dal Card. Castiglioni, al quale era stato fatto obbligo di provvedere a quanto era strettamente necessario per il sostentamento della comunità.

Ai Domenicani arrivati a S. Apollinare, lo stesso Cardinal Branda fece il dono cospicuo di un braccio di S. Tommaso d’Aquino, che i religioso diligentemente conservarono ed esposero alla pubblica venerazione nel nuovo convento.

Una lettera, senza data ma che si riferisce certo a questi anni, diretta dalla nostra Municipalità al Sommo Pontefice… dà un’idea dello stato in cui era quel convento… Lo stato degli edifici è veramente miserando. Il convento è d’ogni intorno aperto, così che ciascuno vi può entrare a sua volontà; le cappelle e gli altari sono spogli, mancano i paramenti, mancano i libri per le officiature. Faccia il Pontefice che le cose procedano e non si lasci privo di risorse il convento, mentre le sue ricchezze sono divorate e sciupate dagli scolari del Collegio… e non permetta più che un reddito annuo di più che 300 fiorini sia sparnazzato a danno della Chiesa che è in strettissima necessità…

L’anno 1469 è notevole negli annali di S. Apollinare per la scoperta del corpo creduto di S. Bovo.

Scavandosi un sepolcro dinanzi l’altare della Madonna, uscì alla luce una cassa marmorea che si disse contenere le reliquie del guerriero pellegrino di Provenza.

Ecco dove si trovava la collina di Sant'Apollinare.

Raccontano che, apertasi quella cassa, subito la Chiesa tutta apparve illuminata da misterioso fulgore, e tre giorni dopo, disponendosi i frati a dare alle scoperte reliquie una collocazione più onorevole, fu vista una stella irradiare nella Chiesa, ed ora innalzarsi, ora abbassarsi quasi al suolo del sacro edificio.

Un uomo esimio per la sua virtù e pe’ suoi meriti, che illustrava in quei tempi S. Apollinare, fu Domenico da Catalogna, che i Pavesi pochi anni dopo la sua morte effigiavano nelle loro chiesa colla aureola di Beato, e che in vita aveva promosso la fondazione dell’Ospedale S. Matteo.

Nel 1480 il sacro suolo di S. Apollinare accoglieva la vittima dell’ambizione di Lodovico il Moro, il disgraziato Cicco Simonetta, a cui era stata mozzata la testa nel Castello ai 30 ottobre.

Deve pur essere ricordato, fra i personaggi che illustrarono S. Apollinare, il grande Tommaso de Vio…

A S. Apollinare abitò pure molti anni quel frate Michele Ghislieri che fu poi Pontefice col nome di Pio V.

Durante l’assedio dato da Francesco I di Francia a Pavia nel 1524, S. Apollinare fu raso quasi al suolo né più mai risorse. I frati che lo abitavano si rifugiarono presso i loro confratelli di S. Tommaso nell’interno della città, coi quali completamente si fusero formando una sola comunità (di S. Tommaso ed Apollinare).

I frati del Cavedio di Sant’Apollinare, nel trasferirsi a San Tommaso, portarono con sé le Sacre Reliquie e le collocarono colà: il Corpo di Sant’Apollinare Vescovo e Martire, col braccio di San Tommaso d’Aquino. Il corpo di San Bovo fu deposto presso le Suore del medesimo Ordine, con l’intenzione di portarlo un giorno a San Tommaso, ma da qualche tempo esso riposa nella chiesa del Monastero femminile di Santa Caterina da Siena.

Qui, secondo le ricerche di alcuni studiosi, venne a studiare nel 1455 anche un rampollo della famiglia Douglas Scotti, di origini piacentine, ma trapiantato a Genova. Aveva nove anni e si chiamava Pietro e qui ebbe i primi rudimenti di grammatica latina, poi studiò aritmetica, geometria e geografia. Sarebbe diventato famoso, alcuni decenni dopo, con un altro nome: quello di Cristoforo Colombo, che aprì la stagione dei viaggi verso un nuovo continente, al di là del Mare Tenebroso (Cf.: A. Enseñat de Villalonga, El Cristóbal Colón histórico: de corsario genovés a Almirante Mayor de las Yndias, in: www.cristobal-colon.com).

Le batterie degli assedianti potevano colpire i bastioni della città, dalle alture di

S. Apollinare e S. Giovanni delle Vigne.

Dell’edificio materiale, al dire del De Gasparis (Diario 23 Luglio), rimanevano ancora nel 1658 “alcune muraglie e grossi fondamenti che dimostravano la magnificenza di questa Chiesa e convento. Ma restando il suo sito, dove fu il Borgo e la detta Chiesa, molto eminente e in modo che sorpassava le mezze lune fatte per difesa della città, nel detto anno 1658 con industria et ingenio, tutto qust’alto sito che si estendeva dalla Madonna de’ Scalzi (S. Teresa) sin quasi a S. Spirito, fu fatto corrodere via dall’acqua Carona.

Dalla Pianta del Ballada, 1654.

Chi volesse sapere quanto fosse stato alto questo sito corroso, consideri che dominava dentro le mezzelune e che nell’abbassarlo fu corrosa la terra dall’acqua sotto alli fondamenti della Chiesa e Convento, almeno tre o quattro braccia, per il che essendosi fatta una gran strage di teste ed ossa de’ cadaveri che furono seppelliti in S. Apollinare, li Operai della Dottrina Cristiana le raccolsero tutte, facendone molte cataste in diversi luoghi, e furono poi tutte in una volta, con esequie e pompa funerale, sepellite dietro alle mura della Chiesa de’ Scalzi (S. Teresa).

Si congetturò dalla moltitudine di quest’ossa che la Chiesa di San Apollinare fosse antichissima e da più di mille anni”.

R. MAIOCCHI, Le Chiese di Pavia, Pavia, Artigianelli, 1903.

Pubblicato 01/09/2018 19:16:42